giovedì 19 luglio 2012

18 Luglio 2012: "Il Nero" prende paura...

Chi legge queste mie pagine oramai sarà diventato familiare con il "pesce-senza-nome". Si tratta di un grande cavedano, dalla livrea scurissima, che da quasi un mese, ogni volta che andiamo a pesca nel nostro solito posto, dopo pochi minuti appare davanti a noi e si mette a nuotare avanti e indietro a pochi cm dal pelo dell'acqua. Non c'è nulla da fare, abbiamo provato in tutti i modi a catturarlo, ma lui sembra che stia li per sfotterci. Le nostre esche non le calcola, la nostra pastura la ignora. Nel mio caso posso pensare all'inesperienza, ma Aldo è un pescatore esperto e le sta provando tutte anche lui ma senza risultati. Da qualche giorno sta diventando la nostra ossessione. Soprattutto quella del Maestro Aldo. Oramai è concentratissimo nella sua cattura ed inizia anche a non sopportare più il cacaseco Andrei che, un paio di giorni fa, è rientrato dalla Romania dopo averci lasciato in pace per quasi 2 settimane ("Sempre troppo poche!"). La vera novità di questi giorni è che, finalmente, abbiamo trovato un nomignolo al "pesce-senza-nome": ora lo chiamiamo semplicemente "Il Nero". Lo rispettiamo, lo consideriamo quasi un amico che ci viene a trovare, qualcuno che ci fa compagnia. Ma non voglio che si fraintenda ciò che scrivo, sia io che Aldo le proviamo tutte per agguantarlo.
In questi ultimi due-tre giorni, quando arrivo al fiume, Aldo è già li con la canna aperta, pronto ad insidiarlo. Nel frattempo ovviamente prende altri pesci, anche di taglie interessanti, ma è chiarissimo che lui sta pensando al "Nero". Anche io lo cerco, ma la mia posizione non è mai ottimale dato che, arrivando dopo del Maestro, devo spostarmi un pochino troppo a valle per averlo bene a tiro. In questi giorni mi diverto più che altro a vedere (e sentire) Aldo che fa di tutto per acchiappare questo pesce e anche a cercare di testare il nuovo mulinello Shimano. Come ho già scritto, si tratta di un modello con frizione anteriore (posta sopra la testa della bobina) e ancora non sono riuscito a sperimentarla a dovere. Da quando l'ho montato ho preso solo pesci piccoli, massimo 12 cm, che effettivamente non richiedono un grosso lavoro alla frizione. Posso tranquillamente tenerla chiusa e recuperare senza rischi di rottura con la mia lenza 0.12 e finale 0.10.  Più spero che abbocchi qualche pesciotto grosso, tipo quelli che ho preso giorni fa con la "Pescanguille" e più mi ritrovo a tirar su alborelle, savette e cavedanelli piccini.
Di sicuro sbaglio qualcosa nella montatura ma in questi giorni è più il divertimento di stare accanto ad Aldo, vedere i suoi sforzi e sentire i suoi esilaranti commenti che altro.
Dopo la centesima passata fatta (durante le quali ha preso altri pesci...) Aldo se ne esce con questa frase: "Certo che, con tutte le ferrate che ho fatto...E' strano che manco l'abbia agganciato una volta per sbaglio...". Lui fa l'ennesima ferrata di fine passata, non finisce di dire questa frase che BANG! Il galleggiante affonda di botto. Dal mio punto assisto chiaramente a tutta la scena. Vedo il "Nero" correre a favore di corrente come se avesse preso fuoco e la lenza di Aldo che gli va dietro. Lo ha agganciato! Lo ha agganciato! Lo ha preso sulla schiena! Incredibile! Il pesce tira come indemoniato e la canna di Aldo si incurva. Io grido "Vai Aldo!!! L'hai acchiappato sulla schiena!!!". Passano meno di tre secondi, tre lunghissimi secondi, che il pesce si stacca dall'amo e scappa via. Per almeno 20 minuti il "Nero" non si è fatto vedere. Deve aver preso una bella paura. La sua baldanza è sicuramente venuta meno. La lenza ora è riavvolta, la canna smontata, ma il sorriso e lo sguardo di Aldo, letteralmente elettrizzato dall'evento, non svaniranno mai dalla mia mente...


mercoledì 18 luglio 2012

12 Luglio 2012 - Nuovi giocattoli e giornate da ricordare

Anche se è pochissimo che pesco, come tutti i pescatori (principianti e non), sono anch'io vittima del virus "Mi comprerei sto' mondo e quell'altro!" che affligge tutti coloro che si dedicano a questa attività. Canne, mulinelli, galleggianti, fili, ami, esche artificiali e tutta quella marea di accessori più o meno utili che si comprano perchè "non si sa mai...potrebbe farmi comodo!". Quando ho iniziato a pescare volevo comprare solo una canna fissa, come mi suggerì Mauro, ma poi comprai anche una bolognese telescopica da 3.50 con mulinello Trabucco Auris 4000. Per altro, da completo incompetente, acquistai la canna fissa da 5 metri, che si è rivelata troppo corta per il posto che bazzico più spesso, idem con patate per la bolognese, anche questa troppo corta per un uso veramente efficace. Altro errore dovuto all'incompetenza è stato acquistare un mulinello di quel formato. Non sapevo affatto che 4000 era una misura di capacità della bobina. Pensavo fosse solo parte del nome del modello! Per il mio tipo di pesca una taglia 2500 va più che bene. Non ho bisogno di imbobinare oltre i 150 metri di filo quindi una 4000 è davvero esagerata. Per i principianti, un piccolo trucco usato dai pescatori più esperti che mi ha insegnato mio fratello: mettere del filo di lana o del filo da pesca vecchio per “fare spessore” ed imbobinare fino quasi a capienza (quando mancano 2 mm è meglio fermarsi) ed evitare lo “scalino” che si crea se non si riempie la bobina fin quasi all’orlo. Questo scalino provoca un certo attrito col filo quando, durante il lancio, esso è libero di uscire dalla bobina. Più si riempie la bobina, minore è lo “scalino”, minore sarà l’attrito e, di conseguenza avremo lanci più lunghi ed un filo meno usurato nel tempo. 

La mia totale inesperienza mi ha quindi fatto sbagliare praticamente tutti gli acquisti se contiamo anche un paio di confezioni di ami troppo grandi, una bobina di filo da 0.20 (“E che ci devi prendere? Gli squali?”) e galleggianti troppo pesanti. Insomma, non ne ho azzeccata una! Per fortuna che, con i consigli di Aldo e Mauro, ho cominciato a prendere dimestichezza con questi aggeggi e a fare compere più assennate. Ripeto l’avvertimento… Se la pesca vi appassiona, inizierete a comprare un sacco di cose. Onde evitare di spendere somme esagerate, stabilite un budget massimo e chiedete consigli ai più esperti su cosa è necessario e cosa è decisamente superfluo.
Shimano Aernos 2500FA
Bene, tutta questa premessa per dire che ho comprato un bellissimo mulinello Shimano! Il modello si chiama Aernos ed è rosso e nero. Si tratta di un prodotto di confine fra la fascia economica e quella media con un rapporto prezzo/prestazioni (da quello che ho letto in Internet) eccellente. L’ho comprato per sostituire il Trabucco sulla Pescanguille dati gli evidenti limiti di questo economico mulinello. Ho fatto un po’ di ricerche nel web e ho trovato che il negozio che lo vendeva al prezzo più basso era proprio a Terni! Lo stesso dove ho acquistato la canna fissa da 7 metri, galleggianti ed altri accessori. Effettivamente era un offertona e mi sono fiondato a prenderlo.
Ho comprato anche del filo da 0.12 per imbobinarlo ascoltando il consiglio di Mauro. Lo stesso giorno sono andato al fiume ma senza ancora montare il mulinello nuovo. Con ancora la Veret in riparazione, ho preso la Pescanguille con su il Trabucco caricato con lo 0.14, terminale 0.12 e amo del 16. Non c’era nessuno e l’acqua aveva una corrente piuttosto lenta. Avevo su un galleggiante da 1 grammo ma evidentemente l’avevo tarato male come piombatura dato che tendeva ad “affogare” ad ogni passata. Ho tolto un piombino da 0.10g e la situazione è migliorata parecchio. Non passano 10 minuti che BANG! Prima bella abboccata! Il pesce tira tantissimo ed il combattimento è stato divertente. Ahimè la frizione dell’Auris lascia proprio a desiderare. Basta un piccolo tocco che o si chiude troppo o si apre troppo. E’ necessaria una sensibilità notevole per regolarla bene ed è difficile farlo durante le concitate azioni del recupero. Fortunatamente il pesce dopo un paio di minuti smette di essere aggressivo e riesco a fargli prendere aria alla bocca. E’ un bel cavedano! Finalmente!
Lo inguadino e lo slamo solo dopo essermi bagnato le mani. In questo modo lo shock termico da contatto si riduce ed il muco protettivo presente sulle squame del pesce non si rovina troppo. Lo misuro: ben 35 cm! Niente male! Ovviamente lo rilascio immediatamente. Passano pochi minuti e arriva Aldo. Anche oggi non ha portato l’attrezzatura. E’ venuto solo per fare due chiacchiere, cosa che mi fa molto piacere. Mi racconta come sta andando il Tour de France (è un grande appassionato di ciclismo) e chiacchieriamo un po’ sul caldo opprimente di questi giorni. Dopo poche altre passate un altro pesce abbocca! Un altro bel cavedano, solo un più piccolo del precedente, 28 cm.
Ecco il cavedano da 38 cm
Continuo a pescare con la soddisfazione di aver “azzeccato” la montatura. Altre 5-6 passate e prendo il terzo cavedano! 33 cm di pesce! Che succede? Sono impazziti i cavedani oggi? Scruto l’acqua e scorgo il “Pesce-senza-nome”, il cavedano scurissimo ed enorme. Come al solito fa i suoi giretti a pochi metri da noi, assolutamente rilassato e non disturbato da noi e dalle nostre chiacchiere. Oramai sono tanti giorni che il nostro “amico” sguazza indisturbato davanti ai nostri occhi senza minimamente curarsi delle esche che gli mettiamo davanti al muso. Sembra quasi che ci prenda in giro! Ma non posso distrarmi più di tanto dato che prendo un altro bel pesciotto! Il cavedano più grande della giornata: 38 cm misurati! Aldo mi aiuta ad inguadinarlo e mi fa anche una foto commemorativa. Che giornata ragazzi! Torno a casa con un sorriso stampato in faccia. Per stavolta il “Pesce-senza-nome” non mi interessa… Ma ci proverò ancora, e lui lo sa bene…




mercoledì 11 luglio 2012

10 Luglio 2012 - Alpha Bravo Charlie Delta...


Anche ieri sera, dopo il lavoro, ho fatto una puntatina al fiume. Armato di custodia per  le canne, bigattini e cassettina degli attrezzi (ne uso una della Powerfix comprata al LIDL che non è da pesca ma è per attrezzi generici, tipo elettricista insomma, ma costava poco (7 euro mi pare), è robusta, compatta e ci entra parecchia roba). Arrivo in loco e prendo la “PescaAnguille” (la mia prima canna bolognese telescopica da 3.5 metri) dato che la mia amata 6 metri è ancora ai box per la riparazione dopo la rottura che ho descritto nel mio precedente post. Speriamo che Andrea, la persona che ce l’ha in cura, trovi il pezzo adatto e riesca a rimetterla a posto.
Apro il barattolo dei bigattini e li vedo parecchio fermi. Il caldo torrido di questi giorni li sta mettendo a durissima prova. Anche se uso una borsetta termica (verde fluorescente, quando ci vado in giro mi guardano tutti male…) con dentro anche un panetto di ghiaccio sintetico, il calore è troppo elevato e i bachini tendono a collassare dal caldo.
Dopo aver montato la canna faccio qualche fiondata di pasturazione giusto per preparare le prime passate. L’acqua è piuttosto lenta e so bene che la montatura che ho non va affatto bene in quel tratto di fiume. Ho su un galleggiante da 2 grammi con piombatura a scalare verso il basso (buona per correnti più sostenute e per la pesca del barbo, che razzola sul fondo). Nel tratto dove sono potrei tranquillamente mettere 0.75 grammi, al massimo 1 grammo ma ho poco tempo e poca voglia di rifare l’armatura. Diciamo che utilizzerò la tecnica “Bravo Delta Charlie”  di cui sto diventando piuttosto padrone.

Bravo Delta Charlie? B.D.C. … “B.otta D.i C.ulo”… 

Inizio a lanciare e faccio ancora pratica del sistema di trattenuta col “freno a dito sulla bobina”. Stavolta è meno efficace dato che la corrente è lentissima e il galleggiante deriva molto molto lentamente. C’è però una cosa da aggiungere; se lancio a metà fiume o oltre, la corrente è leggermente più veloce e mi porta fino ad un punto del corso d’acqua dove il fondale diventa molto più basso e la velocità aumenta considerevolmente. In quella zona il peso del galleggiante sarebbe buonissimo, l’unico problema è che “l’acqua” impostata diventa eccessiva ed il rischio di incagliarsi sui ciuffi d’erba presenti sul fondo a macchia di leopardo aumenta in maniera significativa. Evvabbè… non si può avere tutto nella vita.
Qualche altra passata ed ecco che arriva la prima abboccata. Recupero agevolmente dato che il pesce è piccolino. Lo tiro a riva e lo sollevo con facilità dato che si tratta di un alborella, che però mi stupisce per essere di oltre 12 cm. Me le ricordavo più piccine.
Altre fiondatine di pasturazione e riprendo le passate. Le faccio lunghe, mandando la lenza alla deriva nella zona veloce e controllando sempre il tutto col “freno a dito”. Mi piace molto questa tecnica e ora la uso praticamente ad ogni passata. Dopo 5-6 giri un’altra abboccata, stavolta molto più forte. Inizia quindi il combattimento!
Non tira come la carpa dell’altro giorno ma sicuramente si difende benino. Allento un po’ di più la frizione che fa fischiare la bobina. Purtroppo il Trabucco Auris 4000 che monto non ha una regolazione precisissima ma si tratta sempre di un modello economico (è stato il primo mulinello che ho comprato, pagandolo 13 euro) e tende facilmente ad essere o troppo aperta o troppo chiusa. Faccio a tira-e-molla col pesce. Non esagero con i recuperi perché ancora la mia confidenza col filo 0.14 e terminale 0.12 non è tanta e poi, ehm.., la lenza (vedi post precedente) è stata attaccata al filo imbobinato con un nodo a barilotto. Mi trovo quindi a pescare con una canna corta, con un mulinello economico e impreciso, con la bobina caricata con 150 metri di 0.14 che è legata ad uno spezzone di circa 6 metri e mezzo di una vecchia lenza già pronta da 0.14 con un galleggiante e peso sovradimensionato per la corrente che c’è e che finisce con un terminale da 0.12 di qualità discutibilissima con bigattini semicomatosi. Che dire? Qualcuno mi suggerisce qualcos’altro di sbagliato da aggiungere?
Ho la vaga sensazione che se Mauro fosse stato li vicino mi avrebbe dato uno scapaccione così forte da cappottarmi…
Però…piano piano…tomo tomo cacchio cacchio… inizio a fiaccare il pesce che inizia ad arrendersi. Lo sollevo a pelo d’acqua e vedo che è un bel barbotto, sui 25-27 cm. Stavolta sono stato più previdente ed ho preparato il guadino. Portato vicino alla riva il pesce allungo il guadino e…porca eva è corto! Non ho allungato troppo l’asta telescopica e ora “arriva e non arriva” al pesce. Mi ritrovo con la canna in tensione, tutto storto e col braccio sinistro che quasi mi slogo una spalla per far passare il guadino sotto il mio graditissimo ospite. Ce l’ho quasi fatta quando l’infame si appoggia sul bordo del guadino e con una scodata tenta il tutto per tutto! Li ho temuto che sarebbe riuscito a spezzare il finalino ma, grazie alla Bravo-Delta-Charlie, questa ha retto il gesto disperato del pesce che, alla fine, sono riuscito ad insaccare e poggiare sulla riva. Ovviamente dopo averlo ammirato qualche secondo e averlo slamato (prima ho bagnato le mani per non scottarlo), l’ho rilasciato in acqua.
Qualche minuto dopo ha abboccato un altro barbo, più piccolo ma molto veloce. E’ stato divertente recuperarlo tra i suoi guizzanti zig-zag. Era di dimensioni modeste e non è servito neanche il guadino per tirarlo fuori.
Dopo qualche minuto è arrivato, come speravo, Aldo che mi saluta come al solito con molta gentilezza e cordialità. Durante le passate riparliamo della carpa dei giorni precedenti, delle possibili cause della rottura della Veret e della bellezza del silenzio che accompagna l’assenza del cacaseco Andrei che è in vacanza in Romania.
Iniziamo a notare movimento vicino alla riva. Si stanno affacciando dei bellissimi cavedani, molto grandi, che fanno avanti e indietro davanti a noi. Ahimè non c’è verso di farli abboccare, d’altronde la mia lenza è assolutamente inadatta a predarli dato che tende a rimanere sul fondo, mentre queste “bestioline” fluttuano molto vicini al pelo dell’acqua. In questi casi anche la Bravo Delta Charlie ha dei limiti… Servirebbe la variante Golf Bravo Delta Charlie (G.randissima B.otta D.i C.ulo) ma ancora non sono arrivato a studiare questa tecnica nel mio Manuale del Perfetto Pescatore Sculato.
Ne vedo passare uno molto grande, oltre 50 cm con lo spannometro, molto scuro, ed altri 2-3 molto più chiari e lunghi circa 30-35 cm. Mentre io sono concentrato sulle mie passate e con la coda dell’occhio mi tengo sottocontrollo quello grande e scuro, Aldo mi dice che gli altri sono molto più chiari perché “… non sono stati al mare…”. Li per li non afferro perché sono concentrato sul galleggiante, ma poi mi volto verso il Maestro Locale e lo guardo con occhio che dice “Mi pigli per il culo?” e lui sbotta a ridere dicendomi: “Bella stronzata eh? Vabbè scusa… non le dico più…”.
Non c’è nulla da fare. Non si prende più niente. Tento il colpo gobbo alleggerendo la piombatura verso l’amo per renderla più svolazzante ed appetibile al cavedano nero ma questo, a parte una scornata sul filo, i miei bigattini non li caga proprio.
Oramai non ci provo neanche più a prenderlo… Lo considero un amico che mi tiene compagnia mentre faccio le passate. Vorrei dargli un nomignolo ma, anche se di solito ho fantasia da vendere, non me ne viene in mente nessuno. Passano i minuti e non abbocca più nulla…e continuo a non trovare alcun nomignolo al cavedano scuro che prosegue con la sua placida nuotata davanti a me.
Si è fatta ora di andare, chiudo la canna e sistemo la cassettina e i bigattini in borsetta.
Mi giro verso il mio Maestro Locale che sta inforcando la bicicletta e gli chiedo: “Aldo, ti viene in mente una parola che faccia rima con ‘Cavedano’?”. Lui ci pensa un po’ e poi mi fa: “No… nessuna…”. Ed andiamo via insieme pensando a quel pesce-ancora-senza-nome.


PS La foto appartiene all'utente Malauros del forum Pesca360. L'ho inserita solo a scopo illustrativo e ringrazio vivamente l'autore sperando che non sia disturbato dal mio utilizzo. 




domenica 8 luglio 2012

8 Luglio 2012: Palle Magiche, Pescioni e Rotture!

Dopo aver seguito i consigli di Mauro ed aver acquistato del filo più sottile da montare sulla mia canna bolognese da 6 mt (una canna Veret in carbonio ad alto modulo) ed averla appunto imbobinata con una lenza monofilo da 0.14, gli ho montato un galleggiante da 1 grammo con piombatura a scalare, terminale da 0,12 e amo del 16 con punta storta. Sono andato al fiume e non c'era nessuno. Avevo deciso di non entrare in acqua ma di provare la nuova montatura dalla riva. Appena arrivato ho subito notato che l'acqua era molto più pulita e chiara del solito. Mi sono quindi detto che dovevo fare attenzione a non muovermi troppo per non spaventare i pesci. Fortunatamente l'abbigliamento, una polo blu notte e degli shorts grigi, non era a tinte troppo chiare o accese e quindi non sarebbe stato un ulteriore problema. Appoggiato l'equipaggiamento mi sono fermato un minuto a gustarmi l'acqua del fiume. La dolce corrente che scorreva, placida, era accompagnata solo dal sussurro della brezza che muoveva le fronde delle piante sulle rive, e dal rumore delle piccole rapide che si formano a circa 50 metri più a valle, dove c'è un piccolo gradino in corrispondenza del sotto ponte. Ho guardato bene il fondale, dato che normalmente il leggero intorbidimento ne impedisce la visione. Nel punto dove mi trovavo il fondale è pressochè quasi tutto completamente sabbioso, almeno fino al centro del corso d'acqua. Più a valle invece, sopra la sabbia, possiamo trovare ciottoli di varie dimensioni. Oltre ai bigattini, nella borsetta frigo che utilizzo per trasportarli, avevo anche un barattolo di plastica del gelato con dentro 3 palle di pastura che mi erano avanzate dall'ultima uscita quando, in realtà, non avevano sortito alcun risultato. Mi sono detto che le avrei dovute utilizzare dato che ormai erano passati un po' troppi giorni dal loro confezionamento. Si erano un po’ rinsecchite ed allora ho provveduto a bagnarle un po’ e a “rimassaggiarle” per ridargli tono e consistenza. Mi sono avvicinato alla riva ed ho lanciato la prima palla a monte, a circa 10-12 metri dalla mia verticale sul fiume. Mmmm… un lancio discreto, ma avrei potuto fare di meglio. Ho pensato di lanciare la seconda, più o meno nella stessa linea di corrente, ma più vicina alla mia verticale, in modo da farla affondare in un punto dove, lanciando bene a monte, ci avrei fatto atterrare la mia esca. Lancio…PLUFF! Un lancio corto di schifo! Di circa 2 metri corto rispetto al punto dove l’avrei voluta mandare.. “Cavolo! Che lancio di schifo che ho fatto” – è stato il mio pensiero – “Bhè, speriamo di fare meglio col terzo ed ultimo lancio…”. PLUFF! Peggio del precedente! Ancora più corto! “Evvabbè… tanto dovevo comunque buttarle ste’ palle…” – e mi è scappata anche una risata. Mentre svolgevo la lenza dalla scaletta e ultimavo gli ultimi preparativi, dietro di me ho sentito una voce. “Ciao! Come va?” – Era Aldo, il mio Maestro Locale, con la sua bicicletta da corsa. Gli ho detto che ero arrivato da pochi minuti e che ancora dovevo effettuare il primo lancio. Dopo pochi altri secondi ho messo finalmente la lenza in acqua ma, porca pupazza, il galleggiante non ne voleva sapere di non affondare troppo. Evidentemente la piombatura era “starata” ed avevo messo troppo piombo che trascinava a fondo il galleggiante. Ho provveduto prima a verificare se ci fosse qualche altro problema aumentando “l’acqua” (allontanando il galleggiante all’amo, per i non tecnici) ma nulla da fare. Ho quindi provveduto a rimuovere il primo piombo a monte utilizzando un Leva Piombi della Stonfo, un aggeggio che, devo dirlo, ancora non riesco ad utilizzare con eccessiva destrezza, specie con i piombini più piccoli. Ho fatto un altro tentativo ma anche questo è stato negativo. Mi è venuto in mente che forse avevo calibrato per errore la lenza pensando di aver su un galleggiante da 1.5 grammi e quindi avendo messo mezzo grammo di troppo. Fatto sta che dopo aver tolto il secondo piombo, stavolta vicino la doppia asola, il galleggiante ha iniziato a fare bene il suo dovere.
Mentre Aldo mi diceva che Andrei era finalmente partito per quel viaggio in Romania (i suoi genitori sono originari di quel Paese) per una breve vacanza, cosa che abbiamo entrambi festeggiato con un sonoro “Evviva!”, ho iniziato a fare un po’ di pastura con i bigattini. Nulla di che, solo qualche fiondata a monte. Mentre lanciavo Aldo mi fa:”Hey! Hai visto che cavedani che stanno passando? Guarda! Guarda!”. Guardo nell’acqua e vedo effettivamente due, tre cavedani belli grossi che risalgono la corrente. Dopo pochi secondi passano anche due carpe piuttosto grossette. Ogni tanto capitava di veder passare qualche bella carpa vicino alla riva, ma mai ci era capitato di vedere tutto quel “traffico” di pesci così grandi! Io a quel punto ho detto ad Aldo “Sai, un paio di minuti prima del tuo arrivo ho lanciato 3 palle di quella pastura che ti ho fatto vedere l’altro giorno… Mi sa che è stata quella…” e lui mi ha risposto: “Ma che cacchio c’era in quella pastura? Stanno salendo tutte belle bestie! Guarda li… Guarda la… Guarda che cavedano! Guarda…altri due!”. Mai vista una cosa del genere in quel tratto di fiume. Purtroppo, anche lanciando l’esca in punti strategici vicini al “movimento ittico” non c’era neanche un segno di abboccata. Lancio altri bigattini e proseguo con le passate. Nulla. Mi stava venendo un po’ di nervoso a vedere quegli straccia di cavedani e carpe che passavano vicino alla mia esca snobbandola alla grande. Ma la pazienza è la virtù dei forti. Dopo poco meno di dieci minuti, una decisa abboccata verso la fine della passata. Ferro e sento una grossa resistenza. Li per li ho pensato fosse un barbo, uno dei tanti che nuotano in quelle acque, ma la forza della sua resistenza e la supersonica virata a sinistra mi hanno fatto cambiare idea. Avevo lasciato la frizione chiusa e, visto come cavolo tirava questo pesce, mi sono subito affrettato ad allentarla. Non appena l’ho fatto il pesce ha iniziato a tirare come un toro imbufalito! La frizione ha cominciato a fischiare ed è iniziato il vero divertimento! Aldo continuava a dire “E’ un grosso cavedano… E’ un grosso cavedano di sicuro!” ed io ne ero veramente felice. Magari era uno di quelli che continuavano a passarmi davanti e che, fortunatamente, aveva fatto l’errore di ingoiare la mia esca. A questo punto ho fatto la mia prima vera esperienza di controllo della lenza per mezzo della leva di combattimento del mulinello Mitchell. Che dire! Fantastica! Potevo graduare la chiusura della frizione semplicemente applicando un po’ di pressione alla leva con l’indice, per poi lasciarla andare per permettere al pesce di sfogarsi un po’. Dopodichè, altra tirata di leva, con conseguente blocco della frizione e conseguente recupero. Era inoltre la prima volta che adoperavo un filo da 0.14 con un terminale 0.12. La mia paura di rompere la lenza e perdere quella bella preda era alta ma, devo dire, più prendevo confidenza con la leva e più mi rassicuravo sulla tenuta dell’intera armatura. Dopo qualche minuto di tira e molla col pesce, sentendo un suo leggero indebolimento nelle tirate, ho deciso di iniziare la fase di recupero finale. Ahimè avevo il guadino ancora nella custodia e solo il gentile intervento di Aldo mi ha permesso di concludere la pescata. Quando, dopo l’ennesimo recupero, ho fatto prendere aria al pesce, ecco la sorpresa! Non era un cavedano ma una gran bella carpa di fiume! La mia prima carpa! Evviva! Il pesce ha tentato di resistere ancora ma la “respirata” lo ha stordito parecchio. Lentamente ho tirato il pesce verso la riva tenendo la leva tirata. Aldo era pronto col guadino ad acchiapparla quando… STAC!!! Un colpo sordo e la mia Veret si spezza in due all’altezza del terzo elemento! NOOOOOO! Che sfiga! Come è possibile? Si sarebbe dovuto rompere prima il terminale? NOOOO… la mia adorata canna!!! E il pesce? Era ancora attaccato al filo! Ho preso la parte finale della canna o meglio il suo moncone, e l’ho sollevato per permettere ad Aldo di guadinare il pesce. Un mix di emozioni mi hanno assalito: da un lato la gioia della cattura di un pesce così bello, dall’altro il dispiacere per la rottura della canna. Devo dire però che la felicità per la cattura ha prevalso, anche perché può capitare che le canne si rompano e, fortunatamente, molto spesso è anche possibile ripararle (Nota Postuma: ieri sono andato nel negozio di pesca dove mi servo di solito e Andrea, commesso e ormai mio consulente, mi ha detto che se trova il pezzo, la riparazione mi costerà 35 euro… evvabbè… la canna ne vale moooolti di più!). Slamato il pesce ho fatto anche alcune foto (pessime) col telefonino per immortalare la catture e poi, di corsa, ho provveduto a rilasciare il pesce. 




Aldo poi mi ha aiutato a montare velocemente una lenza sull’altra mia bolognese (da 3.5 metri) che Mauro, il mio Maestro Locale, chiama scherzosamente “PescAnguille”. Purtroppo l’unica lenza pronta decente che avevo era da 2 grammi, ma sempre meglio di nulla. Preparata la canna si sono fatte le 20.00 e Aldo mi ha salutato perché sarebbe dovuto tornare a casa. Sono rimasto qualche altro minuto non tanto nella speranza di prendere altri grossi pesci che, per altro, non si vedevano più passare davanti alla postazione, ma solo per fare un po’ di pratica della tecnica di trattenuta “col dito sulla bobina” (vedi post precedente) che avevo visto fare a quel ragazzo qualche giorno prima. Ho quindi iniziato a lanciare, recuperare leggermente, riaprire l’archetto, mettere il dito sulla bobina e iniziare a “frenare” l’uscita del filo. Effettivamente il sistema sembra molto carino, con il galleggiante che ha delle frenate brevissime e continue. Ho lasciato andare alla deriva per diverse decine di metri il filo migliorando ad ogni passata. Per altro ho notato che questo sistema, a differenza della trattenuta fatta tirando la canna verso monte, permette di ridurre lo spostamento della lenza verso l’interno. Ciò perché il trattenimento non implica lo spostamento a monte del filo, correlato al tirare della canna, ma solo ad un suo effettivo “frenaggio” nello scorrimento. Dopo circa una quindicina di passate a vuoto, finalmente un’abboccata! La cosa più bella è che questa abboccata era avvenuta a diverse decine di metri da me. Cosa che normalmente non sarei mai riuscito a gestire in “trattenuta” con il filo bloccato. Ho ferrato col dito sulla bobina e, visto che si trattava effettivamente di un pesce, ho smanovellato per chiudere l’archetto ed iniziare il recupero. Ho quindi tirato su un bel barbotto di 15 cm. Nulla di eccezionale ma è stato il primo pesce catturato col sistema del “Freno a Dito”! Pochi altri minuti e si era fatto troppo tardi per continuare a pescare. Ho rimesso a posto tutto l’equipaggiamento, ho fatto una foto alla povera Veret spezzata e, camminando verso la macchina, ho iniziato a pensare cosa avrei raccontato in queste pagine che state leggendo… Chissà se mi piace più pescare o raccontare, scrivendole, le emozioni che provo pescando. Lo saprò solo continuando ad imparare…

giovedì 5 luglio 2012

5 Luglio 2012 - Trucchi e Trucchetti...

L'altro giorno sono andato al solito posto per provare a prendere qualche pescetto e per provare la pastura per barbi che ho realizzato domenica grazie ad una ricetta trovata su Internet.

Si tratta di mescolare:
300 grammi di pan grattato
500 grammi di crocchette per cani macinate
100 grammi di farina bianca
100 grammi di pecorino
Un po' di sale...

Ho riempito poi un barattolo di gelato vuoto da 500 grammi e l'ho messo nella borsa frigo.

Arrivato sul posto ho trovato Aldo, Andrei (ti pareva!) e anche altri due ragazzi che pescavano con delle belle bolognesi da 7 metri. La riva era praticamente loro. C'era pochissimo spazio per pescare dato che, specie il più esperto dei due, realizzava una passata lunga che, fattivamente, impediva di pescare senza dargli noia. Essendo arrivati loro per primi, gli spettava la precedenza e quindi ho preferito non aprire neanche le canne ed approfittare per preparare le palle di pastura. Insieme allo sfarinato infatti mi sono portato una borraccia con acqua, che ho provveduto ad aggiungere a piccole dosi alla polvere. Ho iniziato quindi a lavorare l'impasto e a creare delle palle tipo polpetta (la foto non è mia ma potrete vedrete cosa intendo).


Mentre i due ragazzi pescavano, ho notato che quello più esperto utilizzava una tecnica di passata che ha attirato la mia attenzione. Mi sono quindi avvicinato per guardare meglio ed ho notato che teneva il dito indice appoggiato sulla bobina del filo. In pratica lui effettuava la seguente sequenza:

1) Apertura dell'archetto del mulinello per liberare il filo
2) Lancio in acqua nel punto desiderato a monte della corrente
3) Smanovellata per chiudere l'archetto e lento recupero durante l'inizio di passata mentre il galleggiante va alla deriva
4) Quando il galleggiante sorpassava la linea ideale in corrispondenza del ragazzo, lui riapriva l'archetto per liberare nuovamente il filo, ma lo bloccava velocemente appoggiando l'indice sul filo.
5) Per permettere al filo di scorrere e alla lenza di "derivare" a valle, ogni tanto allentava la pressione dell'indice sul filo, permettendogli di uscire
6) Questo sistema di continui e graduali START-STOP permetteva di effettuare la cosiddetta "trattenuta" di cui ho già parlato.
7) In caso di abboccamento, lui procedeva immediatamente a ferrare, sempre bloccando il filo col dito per impedire che questo potesse scorrere ancora.
8) A questo punto, dopo la ferrata, una veloce smanovellata per chiudere l'archetto ed iniziava la fase di combattimento e recupero.

(Quello della foto non è il ragazzo, l'ho presa da Internet. Lui usava l'indice mentre la persona ritratta usa il dito medio. Ma l'effetto è lo stesso.)

Con questo sistema il ragazzo faceva delle passate lunghissime, non limitate dal blocco del filo, e poteva allo stesso tempo fare la "trattenuta" senza agire sulla canna e quindi perdere sensibilità e realizzarla a "strattoni" come capita di fare a me.

Interessante no? Non appena possibile la provero!

E le palle di pastura?

Quando ho avuto modo di entrare in acqua, dopo la partenza dei due ragazzi, le ho lanciate in acqua a monte della mia posizione, lanciandole a circa 8-10 metri di distanza. Ma ora ho un dubbio. Se le palle realizzate da me hanno poca disgregazione e la corrente non è tanto forte, non sarebbe meglio lanciarle in una posizione più vicina alla mia verticale? Non vorrei che i pesci tendessero a rimanere troppo in alto rispetto alla zona di effettiva cattura... Mah... dovrò sperimentare ancora un po'...





mercoledì 4 luglio 2012

3 Luglio 2012 - Le foto dei protagonisti...

Voglio pubblicare oggi le fotografie di due dei protagonisti della mia avventura: Mauro, il mio Maestro Remoto, Aldo, il mio Maestro Locale,  e Andrei, il mio incubo peggiore...

Ecco Mauro: Maestro Remoto (vive in provincia di Lucca)



Questo è Aldo: Maestro Locale (vive a Narni Scalo)



Ed ecco Andrei, 10 anni, professione "Extreme Scassaminkia Professional"...