Chi legge queste mie pagine oramai sarà diventato familiare con il "pesce-senza-nome". Si tratta di un grande cavedano, dalla livrea scurissima, che da quasi un mese, ogni volta che andiamo a pesca nel nostro solito posto, dopo pochi minuti appare davanti a noi e si mette a nuotare avanti e indietro a pochi cm dal pelo dell'acqua. Non c'è nulla da fare, abbiamo provato in tutti i modi a catturarlo, ma lui sembra che stia li per sfotterci. Le nostre esche non le calcola, la nostra pastura la ignora. Nel mio caso posso pensare all'inesperienza, ma Aldo è un pescatore esperto e le sta provando tutte anche lui ma senza risultati. Da qualche giorno sta diventando la nostra ossessione. Soprattutto quella del Maestro Aldo. Oramai è concentratissimo nella sua cattura ed inizia anche a non sopportare più il cacaseco Andrei che, un paio di giorni fa, è rientrato dalla Romania dopo averci lasciato in pace per quasi 2 settimane ("Sempre troppo poche!"). La vera novità di questi giorni è che, finalmente, abbiamo trovato un nomignolo al "pesce-senza-nome": ora lo chiamiamo semplicemente "Il Nero". Lo rispettiamo, lo consideriamo quasi un amico che ci viene a trovare, qualcuno che ci fa compagnia. Ma non voglio che si fraintenda ciò che scrivo, sia io che Aldo le proviamo tutte per agguantarlo.
In questi ultimi due-tre giorni, quando arrivo al fiume, Aldo è già li con la canna aperta, pronto ad insidiarlo. Nel frattempo ovviamente prende altri pesci, anche di taglie interessanti, ma è chiarissimo che lui sta pensando al "Nero". Anche io lo cerco, ma la mia posizione non è mai ottimale dato che, arrivando dopo del Maestro, devo spostarmi un pochino troppo a valle per averlo bene a tiro. In questi giorni mi diverto più che altro a vedere (e sentire) Aldo che fa di tutto per acchiappare questo pesce e anche a cercare di testare il nuovo mulinello Shimano. Come ho già scritto, si tratta di un modello con frizione anteriore (posta sopra la testa della bobina) e ancora non sono riuscito a sperimentarla a dovere. Da quando l'ho montato ho preso solo pesci piccoli, massimo 12 cm, che effettivamente non richiedono un grosso lavoro alla frizione. Posso tranquillamente tenerla chiusa e recuperare senza rischi di rottura con la mia lenza 0.12 e finale 0.10. Più spero che abbocchi qualche pesciotto grosso, tipo quelli che ho preso giorni fa con la "Pescanguille" e più mi ritrovo a tirar su alborelle, savette e cavedanelli piccini.
Di sicuro sbaglio qualcosa nella montatura ma in questi giorni è più il divertimento di stare accanto ad Aldo, vedere i suoi sforzi e sentire i suoi esilaranti commenti che altro.
Dopo la centesima passata fatta (durante le quali ha preso altri pesci...) Aldo se ne esce con questa frase: "Certo che, con tutte le ferrate che ho fatto...E' strano che manco l'abbia agganciato una volta per sbaglio...". Lui fa l'ennesima ferrata di fine passata, non finisce di dire questa frase che BANG! Il galleggiante affonda di botto. Dal mio punto assisto chiaramente a tutta la scena. Vedo il "Nero" correre a favore di corrente come se avesse preso fuoco e la lenza di Aldo che gli va dietro. Lo ha agganciato! Lo ha agganciato! Lo ha preso sulla schiena! Incredibile! Il pesce tira come indemoniato e la canna di Aldo si incurva. Io grido "Vai Aldo!!! L'hai acchiappato sulla schiena!!!". Passano meno di tre secondi, tre lunghissimi secondi, che il pesce si stacca dall'amo e scappa via. Per almeno 20 minuti il "Nero" non si è fatto vedere. Deve aver preso una bella paura. La sua baldanza è sicuramente venuta meno. La lenza ora è riavvolta, la canna smontata, ma il sorriso e lo sguardo di Aldo, letteralmente elettrizzato dall'evento, non svaniranno mai dalla mia mente...
giovedì 19 luglio 2012
18 Luglio 2012: "Il Nero" prende paura...
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mercoledì 18 luglio 2012
12 Luglio 2012 - Nuovi giocattoli e giornate da ricordare
Anche
se è pochissimo che pesco, come tutti i pescatori (principianti e non), sono
anch'io vittima del virus "Mi comprerei sto' mondo e quell'altro!"
che affligge tutti coloro che si dedicano a questa attività. Canne, mulinelli,
galleggianti, fili, ami, esche artificiali e tutta quella marea di accessori
più o meno utili che si comprano perchè "non si sa mai...potrebbe farmi
comodo!". Quando ho iniziato a pescare volevo comprare solo una canna
fissa, come mi suggerì Mauro, ma poi comprai anche una bolognese telescopica da
3.50 con mulinello Trabucco Auris 4000. Per altro, da completo incompetente,
acquistai la canna fissa da 5 metri, che si è rivelata troppo corta per il
posto che bazzico più spesso, idem con patate per la bolognese, anche questa
troppo corta per un uso veramente efficace. Altro errore dovuto
all'incompetenza è stato acquistare un mulinello di quel formato. Non sapevo
affatto che 4000 era una misura di capacità della bobina. Pensavo fosse solo
parte del nome del modello! Per il mio tipo di pesca una taglia 2500 va più che
bene. Non ho bisogno di imbobinare oltre i 150 metri di filo quindi una 4000 è
davvero esagerata. Per i principianti, un piccolo trucco usato dai pescatori
più esperti che mi ha insegnato mio fratello: mettere del filo di lana o del
filo da pesca vecchio per “fare spessore” ed imbobinare fino quasi a capienza
(quando mancano 2 mm è meglio fermarsi) ed evitare lo “scalino” che si crea se
non si riempie la bobina fin quasi all’orlo. Questo scalino provoca un certo
attrito col filo quando, durante il lancio, esso è libero di uscire dalla
bobina. Più si riempie la bobina, minore è lo “scalino”, minore sarà l’attrito
e, di conseguenza avremo lanci più lunghi ed un filo meno usurato nel tempo.
La
mia totale inesperienza mi ha quindi fatto sbagliare praticamente tutti gli
acquisti se contiamo anche un paio di confezioni di ami troppo grandi, una
bobina di filo da 0.20 (“E che ci devi prendere? Gli squali?”) e galleggianti
troppo pesanti. Insomma, non ne ho azzeccata una! Per fortuna che, con i
consigli di Aldo e Mauro, ho cominciato a prendere dimestichezza con questi
aggeggi e a fare compere più assennate. Ripeto l’avvertimento… Se la pesca vi
appassiona, inizierete a comprare un sacco di cose. Onde evitare di spendere
somme esagerate, stabilite un budget massimo e chiedete consigli ai più esperti
su cosa è necessario e cosa è decisamente superfluo.
Shimano Aernos 2500FA |
Bene,
tutta questa premessa per dire che ho comprato un bellissimo mulinello Shimano!
Il modello si chiama Aernos ed è rosso e nero. Si tratta di un prodotto di
confine fra la fascia economica e quella media con un rapporto
prezzo/prestazioni (da quello che ho letto in Internet) eccellente. L’ho
comprato per sostituire il Trabucco sulla Pescanguille dati gli evidenti limiti
di questo economico mulinello. Ho fatto un po’ di ricerche nel web e ho trovato
che il negozio che lo vendeva al prezzo più basso era proprio a Terni! Lo
stesso dove ho acquistato la canna fissa da 7 metri, galleggianti ed altri
accessori. Effettivamente era un offertona e mi sono fiondato a prenderlo.
Ho
comprato anche del filo da 0.12 per imbobinarlo ascoltando il consiglio di
Mauro. Lo stesso giorno sono andato al fiume ma senza ancora montare il
mulinello nuovo. Con ancora la Veret in riparazione, ho preso la Pescanguille
con su il Trabucco caricato con lo 0.14, terminale 0.12 e amo del 16. Non c’era
nessuno e l’acqua aveva una corrente piuttosto lenta. Avevo su un galleggiante
da 1 grammo ma evidentemente l’avevo tarato male come piombatura dato che
tendeva ad “affogare” ad ogni passata. Ho tolto un piombino da 0.10g e la
situazione è migliorata parecchio. Non passano 10 minuti che BANG! Prima bella
abboccata! Il pesce tira tantissimo ed il combattimento è stato divertente.
Ahimè la frizione dell’Auris lascia proprio a desiderare. Basta un piccolo
tocco che o si chiude troppo o si apre troppo. E’ necessaria una sensibilità
notevole per regolarla bene ed è difficile farlo durante le concitate azioni
del recupero. Fortunatamente il pesce dopo un paio di minuti smette di essere
aggressivo e riesco a fargli prendere aria alla bocca. E’ un bel cavedano!
Finalmente!
Lo
inguadino e lo slamo solo dopo essermi bagnato le mani. In questo modo lo shock
termico da contatto si riduce ed il muco protettivo presente sulle squame del
pesce non si rovina troppo. Lo misuro: ben 35 cm! Niente male! Ovviamente lo
rilascio immediatamente. Passano pochi minuti e arriva Aldo. Anche oggi non ha
portato l’attrezzatura. E’ venuto solo per fare due chiacchiere, cosa che mi fa
molto piacere. Mi racconta come sta andando il Tour de France (è un grande
appassionato di ciclismo) e chiacchieriamo un po’ sul caldo opprimente di
questi giorni. Dopo poche altre passate un altro pesce abbocca! Un altro bel
cavedano, solo un più piccolo del precedente, 28 cm.
Ecco il cavedano da 38 cm |
Continuo
a pescare con la soddisfazione di aver “azzeccato” la montatura. Altre 5-6
passate e prendo il terzo cavedano! 33 cm di pesce! Che succede? Sono impazziti
i cavedani oggi? Scruto l’acqua e scorgo il “Pesce-senza-nome”, il cavedano
scurissimo ed enorme. Come al solito fa i suoi giretti a pochi metri da noi,
assolutamente rilassato e non disturbato da noi e dalle nostre chiacchiere.
Oramai sono tanti giorni che il nostro “amico” sguazza indisturbato davanti ai
nostri occhi senza minimamente curarsi delle esche che gli mettiamo davanti al
muso. Sembra quasi che ci prenda in giro! Ma non posso distrarmi più di tanto
dato che prendo un altro bel pesciotto! Il cavedano più grande della giornata:
38 cm misurati! Aldo mi aiuta ad inguadinarlo e mi fa anche una foto
commemorativa. Che giornata ragazzi! Torno a casa con un sorriso stampato in
faccia. Per stavolta il “Pesce-senza-nome” non mi interessa… Ma ci proverò
ancora, e lui lo sa bene…
mercoledì 11 luglio 2012
10 Luglio 2012 - Alpha Bravo Charlie Delta...
Anche ieri sera, dopo il
lavoro, ho fatto una puntatina al fiume. Armato di custodia per le canne, bigattini e cassettina degli
attrezzi (ne uso una della Powerfix comprata al LIDL che non è da pesca ma è
per attrezzi generici, tipo elettricista insomma, ma costava poco (7 euro mi
pare), è robusta, compatta e ci entra parecchia roba). Arrivo in loco e prendo
la “PescaAnguille” (la mia prima canna bolognese telescopica da 3.5 metri) dato
che la mia amata 6 metri è ancora ai box per la riparazione dopo la rottura che
ho descritto nel mio precedente post. Speriamo che Andrea, la persona che ce
l’ha in cura, trovi il pezzo adatto e riesca a rimetterla a posto.
Apro il barattolo dei bigattini
e li vedo parecchio fermi. Il caldo torrido di questi giorni li sta mettendo a
durissima prova. Anche se uso una borsetta termica (verde fluorescente, quando
ci vado in giro mi guardano tutti male…) con dentro anche un panetto di
ghiaccio sintetico, il calore è troppo elevato e i bachini tendono a collassare
dal caldo.
Dopo aver montato la canna
faccio qualche fiondata di pasturazione giusto per preparare le prime passate.
L’acqua è piuttosto lenta e so bene che la montatura che ho non va affatto bene
in quel tratto di fiume. Ho su un galleggiante da 2 grammi con piombatura a
scalare verso il basso (buona per correnti più sostenute e per la pesca del
barbo, che razzola sul fondo). Nel tratto dove sono potrei tranquillamente
mettere 0.75 grammi, al massimo 1 grammo ma ho poco tempo e poca voglia di
rifare l’armatura. Diciamo che utilizzerò la tecnica “Bravo Delta Charlie” di cui sto diventando piuttosto padrone.
Bravo Delta Charlie? B.D.C. …
“B.otta D.i C.ulo”…
Inizio a lanciare e faccio
ancora pratica del sistema di trattenuta col “freno a dito sulla bobina”.
Stavolta è meno efficace dato che la corrente è lentissima e il galleggiante
deriva molto molto lentamente. C’è però una cosa da aggiungere; se lancio a
metà fiume o oltre, la corrente è leggermente più veloce e mi porta fino ad un
punto del corso d’acqua dove il fondale diventa molto più basso e la velocità
aumenta considerevolmente. In quella zona il peso del galleggiante sarebbe
buonissimo, l’unico problema è che “l’acqua” impostata diventa eccessiva ed il
rischio di incagliarsi sui ciuffi d’erba presenti sul fondo a macchia di
leopardo aumenta in maniera significativa. Evvabbè… non si può avere tutto
nella vita.
Qualche altra passata ed ecco
che arriva la prima abboccata. Recupero agevolmente dato che il pesce è
piccolino. Lo tiro a riva e lo sollevo con facilità dato che si tratta di un
alborella, che però mi stupisce per essere di oltre 12 cm. Me le ricordavo più
piccine.
Altre fiondatine di
pasturazione e riprendo le passate. Le faccio lunghe, mandando la lenza alla
deriva nella zona veloce e controllando sempre il tutto col “freno a dito”. Mi
piace molto questa tecnica e ora la uso praticamente ad ogni passata. Dopo 5-6
giri un’altra abboccata, stavolta molto più forte. Inizia quindi il
combattimento!
Non tira come la carpa
dell’altro giorno ma sicuramente si difende benino. Allento un po’ di più la
frizione che fa fischiare la bobina. Purtroppo il Trabucco Auris 4000 che monto
non ha una regolazione precisissima ma si tratta sempre di un modello economico
(è stato il primo mulinello che ho comprato, pagandolo 13 euro) e tende
facilmente ad essere o troppo aperta o troppo chiusa. Faccio a tira-e-molla col
pesce. Non esagero con i recuperi perché ancora la mia confidenza col filo 0.14
e terminale 0.12 non è tanta e poi, ehm.., la lenza (vedi post precedente) è
stata attaccata al filo imbobinato con un nodo a barilotto. Mi trovo quindi a
pescare con una canna corta, con un mulinello economico e impreciso, con la
bobina caricata con 150 metri di 0.14 che è legata ad uno spezzone di circa 6
metri e mezzo di una vecchia lenza già pronta da 0.14 con un galleggiante e
peso sovradimensionato per la corrente che c’è e che finisce con un terminale da
0.12 di qualità discutibilissima con bigattini semicomatosi. Che dire? Qualcuno
mi suggerisce qualcos’altro di sbagliato da aggiungere?
Ho la vaga sensazione che se
Mauro fosse stato li vicino mi avrebbe dato uno scapaccione così forte da
cappottarmi…
Però…piano piano…tomo tomo
cacchio cacchio… inizio a fiaccare il pesce che inizia ad arrendersi. Lo
sollevo a pelo d’acqua e vedo che è un bel barbotto, sui 25-27 cm. Stavolta
sono stato più previdente ed ho preparato il guadino. Portato vicino alla riva
il pesce allungo il guadino e…porca eva è corto! Non ho allungato troppo l’asta
telescopica e ora “arriva e non arriva” al pesce. Mi ritrovo con la canna in
tensione, tutto storto e col braccio sinistro che quasi mi slogo una spalla per
far passare il guadino sotto il mio graditissimo ospite. Ce l’ho quasi fatta
quando l’infame si appoggia sul bordo del guadino e con una scodata tenta il
tutto per tutto! Li ho temuto che sarebbe riuscito a spezzare il finalino ma,
grazie alla Bravo-Delta-Charlie, questa ha retto il gesto disperato del pesce
che, alla fine, sono riuscito ad insaccare e poggiare sulla riva. Ovviamente
dopo averlo ammirato qualche secondo e averlo slamato (prima ho bagnato le mani
per non scottarlo), l’ho rilasciato in acqua.
Qualche minuto dopo ha
abboccato un altro barbo, più piccolo ma molto veloce. E’ stato divertente
recuperarlo tra i suoi guizzanti zig-zag. Era di dimensioni modeste e non è
servito neanche il guadino per tirarlo fuori.
Dopo qualche minuto è arrivato,
come speravo, Aldo che mi saluta come al solito con molta gentilezza e
cordialità. Durante le passate riparliamo della carpa dei giorni precedenti,
delle possibili cause della rottura della Veret e della bellezza del silenzio
che accompagna l’assenza del cacaseco Andrei che è in vacanza in Romania.
Iniziamo a notare movimento
vicino alla riva. Si stanno affacciando dei bellissimi cavedani, molto grandi,
che fanno avanti e indietro davanti a noi. Ahimè non c’è verso di farli
abboccare, d’altronde la mia lenza è assolutamente inadatta a predarli dato che
tende a rimanere sul fondo, mentre queste “bestioline” fluttuano molto vicini
al pelo dell’acqua. In questi casi anche la Bravo Delta Charlie ha dei limiti…
Servirebbe la variante Golf Bravo Delta Charlie (G.randissima B.otta D.i C.ulo)
ma ancora non sono arrivato a studiare questa tecnica nel mio Manuale del
Perfetto Pescatore Sculato.
Ne vedo passare uno molto grande,
oltre 50 cm con lo spannometro, molto scuro, ed altri 2-3 molto più chiari e
lunghi circa 30-35 cm. Mentre io sono concentrato sulle mie passate e con la
coda dell’occhio mi tengo sottocontrollo quello grande e scuro, Aldo mi dice
che gli altri sono molto più chiari perché “… non sono stati al mare…”. Li per
li non afferro perché sono concentrato sul galleggiante, ma poi mi volto verso
il Maestro Locale e lo guardo con occhio che dice “Mi pigli per il culo?” e lui
sbotta a ridere dicendomi: “Bella stronzata eh? Vabbè scusa… non le dico più…”.
Non c’è nulla da fare. Non si
prende più niente. Tento il colpo gobbo alleggerendo la piombatura verso l’amo
per renderla più svolazzante ed appetibile al cavedano nero ma questo, a parte
una scornata sul filo, i miei bigattini non li caga proprio.
Oramai non ci provo neanche più
a prenderlo… Lo considero un amico che mi tiene compagnia mentre faccio le
passate. Vorrei dargli un nomignolo ma, anche se di solito ho fantasia da vendere,
non me ne viene in mente nessuno. Passano i minuti e non abbocca più nulla…e
continuo a non trovare alcun nomignolo al cavedano scuro che prosegue con la
sua placida nuotata davanti a me.
Si è fatta ora di andare,
chiudo la canna e sistemo la cassettina e i bigattini in borsetta.
Mi giro verso il mio Maestro
Locale che sta inforcando la bicicletta e gli chiedo: “Aldo, ti viene in mente una
parola che faccia rima con ‘Cavedano’?”. Lui ci pensa un po’ e poi mi fa: “No…
nessuna…”. Ed andiamo via insieme pensando a quel pesce-ancora-senza-nome.
domenica 8 luglio 2012
8 Luglio 2012: Palle Magiche, Pescioni e Rotture!
Dopo aver seguito i consigli di Mauro ed aver acquistato del
filo più sottile da montare sulla mia canna bolognese da 6 mt (una canna Veret
in carbonio ad alto modulo) ed averla appunto imbobinata con una lenza monofilo
da 0.14, gli ho montato un galleggiante da 1 grammo con piombatura a scalare,
terminale da 0,12 e amo del 16 con punta storta. Sono andato al fiume e non
c'era nessuno. Avevo deciso di non entrare in acqua ma di provare la nuova
montatura dalla riva. Appena arrivato ho subito notato che l'acqua era molto
più pulita e chiara del solito. Mi sono quindi detto che dovevo fare attenzione
a non muovermi troppo per non spaventare i pesci. Fortunatamente
l'abbigliamento, una polo blu notte e degli shorts grigi, non era a tinte
troppo chiare o accese e quindi non sarebbe stato un ulteriore problema.
Appoggiato l'equipaggiamento mi sono fermato un minuto a gustarmi l'acqua del
fiume. La dolce corrente che scorreva, placida, era accompagnata solo dal
sussurro della brezza che muoveva le fronde delle piante sulle rive, e dal
rumore delle piccole rapide che si formano a circa 50 metri più a valle, dove
c'è un piccolo gradino in corrispondenza del sotto ponte. Ho guardato bene il
fondale, dato che normalmente il leggero intorbidimento ne impedisce la visione.
Nel punto dove mi trovavo il fondale è pressochè quasi tutto completamente
sabbioso, almeno fino al centro del corso d'acqua. Più a valle invece, sopra la
sabbia, possiamo trovare ciottoli di varie dimensioni. Oltre ai bigattini,
nella borsetta frigo che utilizzo per trasportarli, avevo anche un barattolo di
plastica del gelato con dentro 3 palle di pastura che mi erano avanzate
dall'ultima uscita quando, in realtà, non avevano sortito alcun risultato. Mi
sono detto che le avrei dovute utilizzare dato che ormai erano passati un po'
troppi giorni dal loro confezionamento. Si erano un po’ rinsecchite ed
allora ho provveduto a bagnarle un po’ e a “rimassaggiarle” per ridargli tono e
consistenza. Mi sono avvicinato alla riva ed ho lanciato la prima palla a
monte, a circa 10-12 metri dalla mia verticale sul fiume. Mmmm… un lancio
discreto, ma avrei potuto fare di meglio. Ho pensato di lanciare la seconda,
più o meno nella stessa linea di corrente, ma più vicina alla mia verticale, in
modo da farla affondare in un punto dove, lanciando bene a monte, ci avrei
fatto atterrare la mia esca. Lancio…PLUFF! Un lancio corto di schifo! Di circa
2 metri corto rispetto al punto dove l’avrei voluta mandare.. “Cavolo! Che
lancio di schifo che ho fatto” – è stato il mio pensiero – “Bhè, speriamo di
fare meglio col terzo ed ultimo lancio…”. PLUFF! Peggio del precedente! Ancora
più corto! “Evvabbè… tanto dovevo comunque buttarle ste’ palle…” – e mi è
scappata anche una risata. Mentre svolgevo la lenza dalla scaletta e ultimavo
gli ultimi preparativi, dietro di me ho sentito una voce. “Ciao! Come va?” –
Era Aldo, il mio Maestro Locale, con la sua bicicletta da corsa. Gli ho detto
che ero arrivato da pochi minuti e che ancora dovevo effettuare il primo
lancio. Dopo pochi altri secondi ho messo finalmente la lenza in acqua ma,
porca pupazza, il galleggiante non ne voleva sapere di non affondare troppo.
Evidentemente la piombatura era “starata” ed avevo messo troppo piombo che
trascinava a fondo il galleggiante. Ho provveduto prima a verificare se ci
fosse qualche altro problema aumentando “l’acqua” (allontanando il galleggiante
all’amo, per i non tecnici) ma nulla da fare. Ho quindi provveduto a rimuovere
il primo piombo a monte utilizzando un Leva Piombi della Stonfo, un aggeggio
che, devo dirlo, ancora non riesco ad utilizzare con eccessiva destrezza,
specie con i piombini più piccoli. Ho fatto un altro tentativo ma anche questo
è stato negativo. Mi è venuto in mente che forse avevo calibrato per errore la
lenza pensando di aver su un galleggiante da 1.5 grammi e quindi avendo messo
mezzo grammo di troppo. Fatto sta che dopo aver tolto il secondo piombo, stavolta
vicino la doppia asola, il galleggiante ha iniziato a fare bene il suo dovere.
Mentre Aldo mi diceva che Andrei era finalmente partito per
quel viaggio in Romania (i suoi genitori sono originari di quel Paese) per una
breve vacanza, cosa che abbiamo entrambi festeggiato con un sonoro “Evviva!”,
ho iniziato a fare un po’ di pastura con i bigattini. Nulla di che, solo
qualche fiondata a monte. Mentre lanciavo Aldo mi fa:”Hey! Hai visto che
cavedani che stanno passando? Guarda! Guarda!”. Guardo nell’acqua e vedo
effettivamente due, tre cavedani belli grossi che risalgono la corrente. Dopo
pochi secondi passano anche due carpe piuttosto grossette. Ogni tanto capitava
di veder passare qualche bella carpa vicino alla riva, ma mai ci era capitato
di vedere tutto quel “traffico” di pesci così grandi! Io a quel punto ho detto
ad Aldo “Sai, un paio di minuti prima del tuo arrivo ho lanciato 3 palle di
quella pastura che ti ho fatto vedere l’altro giorno… Mi sa che è stata quella…”
e lui mi ha risposto: “Ma che cacchio c’era in quella pastura? Stanno salendo
tutte belle bestie! Guarda li… Guarda la… Guarda che cavedano! Guarda…altri
due!”. Mai vista una cosa del genere in quel tratto di fiume. Purtroppo, anche
lanciando l’esca in punti strategici vicini al “movimento ittico” non c’era
neanche un segno di abboccata. Lancio altri bigattini e proseguo con le
passate. Nulla. Mi stava venendo un po’ di nervoso a vedere quegli straccia di
cavedani e carpe che passavano vicino alla mia esca snobbandola alla grande. Ma
la pazienza è la virtù dei forti. Dopo poco meno di dieci minuti, una decisa
abboccata verso la fine della passata. Ferro e sento una grossa resistenza. Li
per li ho pensato fosse un barbo, uno dei tanti che nuotano in quelle acque, ma
la forza della sua resistenza e la supersonica virata a sinistra mi hanno fatto
cambiare idea. Avevo lasciato la frizione chiusa e, visto come cavolo tirava
questo pesce, mi sono subito affrettato ad allentarla. Non appena l’ho fatto il
pesce ha iniziato a tirare come un toro imbufalito! La frizione ha cominciato a
fischiare ed è iniziato il vero divertimento! Aldo continuava a dire “E’ un
grosso cavedano… E’ un grosso cavedano di sicuro!” ed io ne ero veramente
felice. Magari era uno di quelli che continuavano a passarmi davanti e che,
fortunatamente, aveva fatto l’errore di ingoiare la mia esca. A questo punto ho
fatto la mia prima vera esperienza di controllo della lenza per mezzo della
leva di combattimento del mulinello Mitchell. Che dire! Fantastica! Potevo
graduare la chiusura della frizione semplicemente applicando un po’ di
pressione alla leva con l’indice, per poi lasciarla andare per permettere al
pesce di sfogarsi un po’. Dopodichè, altra tirata di leva, con conseguente
blocco della frizione e conseguente recupero. Era inoltre la prima volta che
adoperavo un filo da 0.14 con un terminale 0.12. La mia paura di rompere la
lenza e perdere quella bella preda era alta ma, devo dire, più prendevo
confidenza con la leva e più mi rassicuravo sulla tenuta dell’intera armatura.
Dopo qualche minuto di tira e molla col pesce, sentendo un suo leggero
indebolimento nelle tirate, ho deciso di iniziare la fase di recupero finale.
Ahimè avevo il guadino ancora nella custodia e solo il gentile intervento di
Aldo mi ha permesso di concludere la pescata. Quando, dopo l’ennesimo recupero,
ho fatto prendere aria al pesce, ecco la sorpresa! Non era un cavedano ma una
gran bella carpa di fiume! La mia prima carpa! Evviva! Il pesce ha tentato di
resistere ancora ma la “respirata” lo ha stordito parecchio. Lentamente ho
tirato il pesce verso la riva tenendo la leva tirata. Aldo era pronto col
guadino ad acchiapparla quando… STAC!!! Un colpo sordo e la mia Veret si spezza
in due all’altezza del terzo elemento! NOOOOOO! Che sfiga! Come è possibile? Si
sarebbe dovuto rompere prima il terminale? NOOOO… la mia adorata canna!!! E il
pesce? Era ancora attaccato al filo! Ho preso la parte finale della canna o
meglio il suo moncone, e l’ho sollevato per permettere ad Aldo di guadinare il
pesce. Un mix di emozioni mi hanno assalito: da un lato la gioia della cattura
di un pesce così bello, dall’altro il dispiacere per la rottura della canna.
Devo dire però che la felicità per la cattura ha prevalso, anche perché può
capitare che le canne si rompano e, fortunatamente, molto spesso è anche
possibile ripararle (Nota Postuma: ieri sono andato nel negozio di pesca dove
mi servo di solito e Andrea, commesso e ormai mio consulente, mi ha detto che
se trova il pezzo, la riparazione mi costerà 35 euro… evvabbè… la canna ne vale
moooolti di più!). Slamato il pesce ho fatto anche alcune foto (pessime) col
telefonino per immortalare la catture e poi, di corsa, ho provveduto a
rilasciare il pesce.
Aldo poi mi ha aiutato a montare velocemente una lenza
sull’altra mia bolognese (da 3.5 metri) che Mauro, il mio Maestro Locale,
chiama scherzosamente “PescAnguille”. Purtroppo l’unica lenza pronta decente
che avevo era da 2 grammi, ma sempre meglio di nulla. Preparata la canna si
sono fatte le 20.00 e Aldo mi ha salutato perché sarebbe dovuto tornare a casa.
Sono rimasto qualche altro minuto non tanto nella speranza di prendere altri
grossi pesci che, per altro, non si vedevano più passare davanti alla
postazione, ma solo per fare un po’ di pratica della tecnica di trattenuta “col
dito sulla bobina” (vedi post precedente) che avevo visto fare a quel ragazzo
qualche giorno prima. Ho quindi iniziato a lanciare, recuperare leggermente,
riaprire l’archetto, mettere il dito sulla bobina e iniziare a “frenare” l’uscita
del filo. Effettivamente il sistema sembra molto carino, con il galleggiante
che ha delle frenate brevissime e continue. Ho lasciato andare alla deriva per
diverse decine di metri il filo migliorando ad ogni passata. Per altro ho
notato che questo sistema, a differenza della trattenuta fatta tirando la canna
verso monte, permette di ridurre lo spostamento della lenza verso l’interno.
Ciò perché il trattenimento non implica lo spostamento a monte del filo,
correlato al tirare della canna, ma solo ad un suo effettivo “frenaggio” nello
scorrimento. Dopo circa una quindicina di passate a vuoto, finalmente un’abboccata!
La cosa più bella è che questa abboccata era avvenuta a diverse decine di metri
da me. Cosa che normalmente non sarei mai riuscito a gestire in “trattenuta”
con il filo bloccato. Ho ferrato col dito sulla bobina e, visto che si trattava
effettivamente di un pesce, ho smanovellato per chiudere l’archetto ed iniziare
il recupero. Ho quindi tirato su un bel barbotto di 15 cm. Nulla di eccezionale
ma è stato il primo pesce catturato col sistema del “Freno a Dito”! Pochi altri
minuti e si era fatto troppo tardi per continuare a pescare. Ho rimesso a posto
tutto l’equipaggiamento, ho fatto una foto alla povera Veret spezzata e,
camminando verso la macchina, ho iniziato a pensare cosa avrei raccontato in
queste pagine che state leggendo… Chissà se mi piace più pescare o raccontare,
scrivendole, le emozioni che provo pescando. Lo saprò solo continuando ad
imparare…
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giovedì 5 luglio 2012
5 Luglio 2012 - Trucchi e Trucchetti...
L'altro giorno sono andato al solito posto per provare a prendere qualche pescetto e per provare la pastura per barbi che ho realizzato domenica grazie ad una ricetta trovata su Internet.
Si tratta di mescolare:
300 grammi di pan grattato
500 grammi di crocchette per cani macinate
100 grammi di farina bianca
100 grammi di pecorino
Un po' di sale...
Ho riempito poi un barattolo di gelato vuoto da 500 grammi e l'ho messo nella borsa frigo.
Arrivato sul posto ho trovato Aldo, Andrei (ti pareva!) e anche altri due ragazzi che pescavano con delle belle bolognesi da 7 metri. La riva era praticamente loro. C'era pochissimo spazio per pescare dato che, specie il più esperto dei due, realizzava una passata lunga che, fattivamente, impediva di pescare senza dargli noia. Essendo arrivati loro per primi, gli spettava la precedenza e quindi ho preferito non aprire neanche le canne ed approfittare per preparare le palle di pastura. Insieme allo sfarinato infatti mi sono portato una borraccia con acqua, che ho provveduto ad aggiungere a piccole dosi alla polvere. Ho iniziato quindi a lavorare l'impasto e a creare delle palle tipo polpetta (la foto non è mia ma potrete vedrete cosa intendo).
Mentre i due ragazzi pescavano, ho notato che quello più esperto utilizzava una tecnica di passata che ha attirato la mia attenzione. Mi sono quindi avvicinato per guardare meglio ed ho notato che teneva il dito indice appoggiato sulla bobina del filo. In pratica lui effettuava la seguente sequenza:
1) Apertura dell'archetto del mulinello per liberare il filo
2) Lancio in acqua nel punto desiderato a monte della corrente
3) Smanovellata per chiudere l'archetto e lento recupero durante l'inizio di passata mentre il galleggiante va alla deriva
4) Quando il galleggiante sorpassava la linea ideale in corrispondenza del ragazzo, lui riapriva l'archetto per liberare nuovamente il filo, ma lo bloccava velocemente appoggiando l'indice sul filo.
5) Per permettere al filo di scorrere e alla lenza di "derivare" a valle, ogni tanto allentava la pressione dell'indice sul filo, permettendogli di uscire
6) Questo sistema di continui e graduali START-STOP permetteva di effettuare la cosiddetta "trattenuta" di cui ho già parlato.
7) In caso di abboccamento, lui procedeva immediatamente a ferrare, sempre bloccando il filo col dito per impedire che questo potesse scorrere ancora.
8) A questo punto, dopo la ferrata, una veloce smanovellata per chiudere l'archetto ed iniziava la fase di combattimento e recupero.
(Quello della foto non è il ragazzo, l'ho presa da Internet. Lui usava l'indice mentre la persona ritratta usa il dito medio. Ma l'effetto è lo stesso.)
Con questo sistema il ragazzo faceva delle passate lunghissime, non limitate dal blocco del filo, e poteva allo stesso tempo fare la "trattenuta" senza agire sulla canna e quindi perdere sensibilità e realizzarla a "strattoni" come capita di fare a me.
Interessante no? Non appena possibile la provero!
E le palle di pastura?
Quando ho avuto modo di entrare in acqua, dopo la partenza dei due ragazzi, le ho lanciate in acqua a monte della mia posizione, lanciandole a circa 8-10 metri di distanza. Ma ora ho un dubbio. Se le palle realizzate da me hanno poca disgregazione e la corrente non è tanto forte, non sarebbe meglio lanciarle in una posizione più vicina alla mia verticale? Non vorrei che i pesci tendessero a rimanere troppo in alto rispetto alla zona di effettiva cattura... Mah... dovrò sperimentare ancora un po'...
Si tratta di mescolare:
300 grammi di pan grattato
500 grammi di crocchette per cani macinate
100 grammi di farina bianca
100 grammi di pecorino
Un po' di sale...
Ho riempito poi un barattolo di gelato vuoto da 500 grammi e l'ho messo nella borsa frigo.
Mentre i due ragazzi pescavano, ho notato che quello più esperto utilizzava una tecnica di passata che ha attirato la mia attenzione. Mi sono quindi avvicinato per guardare meglio ed ho notato che teneva il dito indice appoggiato sulla bobina del filo. In pratica lui effettuava la seguente sequenza:
1) Apertura dell'archetto del mulinello per liberare il filo
2) Lancio in acqua nel punto desiderato a monte della corrente
3) Smanovellata per chiudere l'archetto e lento recupero durante l'inizio di passata mentre il galleggiante va alla deriva
4) Quando il galleggiante sorpassava la linea ideale in corrispondenza del ragazzo, lui riapriva l'archetto per liberare nuovamente il filo, ma lo bloccava velocemente appoggiando l'indice sul filo.
5) Per permettere al filo di scorrere e alla lenza di "derivare" a valle, ogni tanto allentava la pressione dell'indice sul filo, permettendogli di uscire
6) Questo sistema di continui e graduali START-STOP permetteva di effettuare la cosiddetta "trattenuta" di cui ho già parlato.
7) In caso di abboccamento, lui procedeva immediatamente a ferrare, sempre bloccando il filo col dito per impedire che questo potesse scorrere ancora.
8) A questo punto, dopo la ferrata, una veloce smanovellata per chiudere l'archetto ed iniziava la fase di combattimento e recupero.
(Quello della foto non è il ragazzo, l'ho presa da Internet. Lui usava l'indice mentre la persona ritratta usa il dito medio. Ma l'effetto è lo stesso.)
Con questo sistema il ragazzo faceva delle passate lunghissime, non limitate dal blocco del filo, e poteva allo stesso tempo fare la "trattenuta" senza agire sulla canna e quindi perdere sensibilità e realizzarla a "strattoni" come capita di fare a me.
Interessante no? Non appena possibile la provero!
E le palle di pastura?
Quando ho avuto modo di entrare in acqua, dopo la partenza dei due ragazzi, le ho lanciate in acqua a monte della mia posizione, lanciandole a circa 8-10 metri di distanza. Ma ora ho un dubbio. Se le palle realizzate da me hanno poca disgregazione e la corrente non è tanto forte, non sarebbe meglio lanciarle in una posizione più vicina alla mia verticale? Non vorrei che i pesci tendessero a rimanere troppo in alto rispetto alla zona di effettiva cattura... Mah... dovrò sperimentare ancora un po'...
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mercoledì 4 luglio 2012
3 Luglio 2012 - Le foto dei protagonisti...
Voglio pubblicare oggi le fotografie di due dei protagonisti della mia avventura: Mauro, il mio Maestro Remoto, Aldo, il mio Maestro Locale, e Andrei, il mio incubo peggiore...
Ecco Mauro: Maestro Remoto (vive in provincia di Lucca)
Questo è Aldo: Maestro Locale (vive a Narni Scalo)
Ed ecco Andrei, 10 anni, professione "Extreme Scassaminkia Professional"...
Ecco Mauro: Maestro Remoto (vive in provincia di Lucca)
Questo è Aldo: Maestro Locale (vive a Narni Scalo)
Ed ecco Andrei, 10 anni, professione "Extreme Scassaminkia Professional"...
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