La pesca ogni tanto sorprende. Non c’è dubbio.
Io appartendo a quella categoria di persone che crede poco
alla fortuna. Sono un determinista. Esistono cause ed effetti che a loro volta
producono altre cause ed altri effetti in una catena interminabile. La fortuna
diciamo che si tratta di un evento di cui semplicemente non troviamo (ancora)
il motivo, la causa, della sua manifestazione.
Ieri sera sono tornato al fiume. Non c’era nessuno, neanche
Andrei. Per non perdere tempo ho subito indossato i wader per essere pronto ad
entrare immediatamente in acqua. Ho preso cassetta, canne e esche e mi sono
avvicinato alla riva. Anche ieri ho scelto di utilizzare la bolognese Veret da
6 metri. Avevo preparato la lenza in
modo diverso dal solito. Normalmente uso un galleggiante da 2 grammi e realizzo
una piombatura “a scalare” con peso decrescente all’avvicinarsi della doppia
asola che collega la lenza madre al terminale. L’altro giorno, quando ho preso
quel bel cavedano, avevo utilizzato questo tipo di lenza che è caratterizzata
da una maggiore volatilità, ovvero tende a non rimanere troppo aderente al
fondale e “svolazza” un po’ staccandosi dal fondo. Minore è la corrente più la
piombatura dovrebbe essere estesa, coprendo una quantità di filo maggiore, per
garantire morbidità alla lenza. Se invece la corrente è più intensa, molti
ravvicinano i piombi creando una maggiore concentrazione vicino al terminale in
modo da evitare che la corrente lo sollevi troppo dal fondo. Ieri ho provato una montatura inversa. Concentrazione di pallini vicino alla doppia asola e
poi a scalare in direzione del galleggiante. Terminale più corto del normale e
piombini tutti dello stesso peso. Avevo letto di questa lenza e ho voluto
sperimentarla. Questa particolare geometria serve per tenere il più possibile
l’esca aderente al fondo facendogli letteralmente pennellare il suo profilo. E’
l’esca più adatta a quei pesci che mangiano sul fondo, come i barbi. Questo pesce ha la bocca rivolta verso il
basso, proprio per “grufolare” meglio sul fondale. Se l’esca è troppo volatile,
gli passa sopra la testa e lui manco la vede.
Sono entrato in acqua e la sensazione di freschezza è stata
ancora una volta meravigliosa. La mia bisaccina nera messa a tracolla conteneva
la fionda, lo slamatore, dei terminali di ricambio ed era mezza piena di
bigattini per essere pronto a fare una bella pasturatina. Arrivo sul punto di
pesca e preparo la prima fiondata. Ahimè con la canna in mano, tenuta alta per
evitare che il mulinello si bagni, lanciare correttamente con la fionda è cosa
complicata. I primi tre lanci vengono uno schifo infatti. Decido allora di fare
con le mani, senza fionda. Il giorno prima avevo messo nel barattolo dei
bigattini un po’ di farina di mais, che serve ad assorbire il loro essudato e
anche a ridurre l’odore e il calore sviluppato dall’attrito che hanno l’uno con
l’altro. Normalmente utilizzo una farina a grana un po’ grossa mentre quella di
ieri è molto fine, simile a quella di grano tenero doppio zero. Ad ogni
manciata quindi lanciavo non solo bigattini ma anche un po’ di farina. Ogni
lancio un PUFF! Una bella nuvoletta di polvere giallastra che si spargeva su
tutto il mio corpo!
Ho usato la strategia che l’ultima volta è stata
vincente: Bigattini… Passata… Bigattini…
Passata… Ma nulla… Nulla! Manco un’abboccatina.
Vedevo il galleggiante tracciare il fondo, con una serie di
tremolii in verticale, sintomo che l’esca stava camminando correttamente sul
fondale. Tecnicamente era tutto a posto…ma nulla… Di pesce manco l’ombra.
Ho intensificato la pasturazione cercando anche di essere
più preciso con i lanci.
Per limitare i PUFF di farina ho provveduto a bagnare i
bachini infilando la mano nell’acqua fresca che scorreva sotto di me.
Niente da fare!
Dopo circa un’ora è arrivato Aldo con la sua bicicletta. Ci
siamo salutati e gli ho raccontato che non si pescava nulla. Gli ho spiegato
anche che tipo di lenza stavo usando e lui ha obbiettato che forse era un po’
troppo pesante per come era stata montata. Il pesce, quando abbocca, se sente troppa
resistenza alla trazione si insospettisce e, nel dubbio, sputa e scappa.
Dopo altri 15 minuti, passati in silenzio quasi assoluto,
con pesci che saltavano qua e la ma ben lontano dalla mia zona (bastasi!)
finalmente il primo pesce! Un barbetto di circa 12 cm. Nulla di eccezionale, ma
mai lamentarsi troppo. Ho sperato che avessero iniziato ad avere fame, macchè…
di nuovo il nulla assoluto.
Ad un tratto però è capitato il fatto divertente!
Durante l’ennesimo lancio di bigattini, tenendo la canna
alta, la lenza si è accidentamente arrotolata intorno alla parte alta del
fusto. Ho guardato su e ho visto il galleggiante avvolto intorno alla canna e
il finale di lenza pendere libero. Uffa! Che scocciatura! Mi sarebbe toccato
metterci mano per svolgere la lenza ma farlo dentro l’acqua rende tutto più
complicato.
Per evitare che il mulinello finisse annegato ho messo la
canna parallela all’acqua tenendola sollevata all’altezza del petto. Lentamente
ho iniziato a far scorrere la canna nelle mani per avvicinarmi al punto
dell’”impiccio”. Ad un tratto la canna ha iniziato a vibrare e tremare forte.
Ho avuto paura che, avvicinandomi alla cima, la stessi facendo flettere troppo.
Ha continuato a tremare come impazzita. L’ho velocemente ripresa per il manico
riportandola in verticale e… Non mi ritrovo con un pesce attaccato all’amo? Un
triotto di dieci, dodici centimetri! Io e Aldo siamo scoppiati a ridere! Non
potevo slamarlo da solo e quindi mi sono avvicinato alla riva dove Aldo è stato
gentilissimo e mi ha aiutato a liberarlo e a rimettere a posto la lenza. Più
mettevamo mano alla lenza e più ci veniva da ridere.
Rimesso tutto a posto sono rientrato in acqua di buonissimo
umore.
Ho effettuato il solito lancio con la canna ma, dopo
l’ennesima passata a vuoto, ho iniziato il recupero della lenza con la
manovella. Mi sono però fermato a metà senza recuperarla tutta.
Ho alzato la canna e ho appoggiato l’esca delicatamente nell’acqua,
senza neanche immergere il galleggiante. A questo punto mi sono girato verso
Aldo e gli ho detto: “Bhè… Visto mai…”.
Pescate sereni...
Leonardo
Leonardo