mercoledì 27 giugno 2012

27 Giugno 2012 - Finalmente il vento è cambiato...

Finalmente il vento è cambiato...
Erano giorni che giù al fiume non riuscivo più a pescare nulla. Nulla! Ho provato cambiando montatura, amo, galleggiante, posizione, canna... Nulla!
Anche i miei compagni di pesca non riuscivano a pescare nulla, neanche Aldo, il mio Maestro Locale, che normalmente mi fa nero.
Abbiamo dato la colpa alla straordinaria calura, ai lavori alla diga a monte, alla sfiga che portano i due menagrami che spesso si fermano sul ponte di ferro a guardarci, insomma le abbiamo pensate un po' tutte.

Durante il giorno chiedevo a Mauro, il mio Maestro Remoto, consigli su consigli. Lui è stato uno dei migliori pescatori di Toscana e d'Italia. Mi sfotte tantissimo ma mi da anche consigli preziosi ed è un carissimo amico con il quale condivido non solo la pesca ma anche l'altro mio hobby, il metal detecting. Mi ha sempre preso in giro sul fatto che compro pochi bigattini e che pasturo pochissimo. Lui mi ha consigliato di prenderne un kilo e mezzo per ogni uscita... Io di solito ne prendo 4 etti e ci faccio quasi 4-5 uscite! :D
Effettivamente ho sempre trovato la pasturazione con bigattini piuttosto noiosa da fare. Fiondate su fiondate ogni pochi minuti... Uffa! Io voglio pescare, non tirare vermetti in acqua!

L'altro ieri sono andato in un notissimo negozio di pesca di Terni per comprare i miei 4 etti di bigattini da usare durante la settimana. Ho chiesto consigli sulla famosa "colla" che serve per preparare delle palle di bigattini che, restando sul fondo, iniziano piano piano a rilasciare larve per pasturare la zona. Andrea, uno dei dipendenti del negozio, mi ha chiesto se la corrente fosse forte e se ci fosse erba alta sul fondo. Gli ho risposto che la corrente non è poi così veloce e che l'erba sul fondo non c'è. Mi ha detto che se ci fosse stata, questa avrebbe reso inutili le palle di bigattini dato che sarebbero finite tra l'erba nascondendole ai pesci. Mi ha consigliato di usare la fionda frequentemente... Esattamente come tante volte mi aveva suggerito Mauro! Gli ho chiesto con quale frequenza e lui mi ha risposto "Ogni passata una fiondata... Tiralo mezzo pieno...ma tiralo ad ogni passata...Gli crei una scia di bigattini... prima o poi uno stupido si attacca, vedrai!".
Li per li ho pensato che sarebbe stato pallosissimo lanciare ad ogni passata, anche perchè nella zona dove pesco le passate non sono tanto lunghe.
Ieri finalmente sono andato al fiume. Contrariamente a quanto faccio di solito, mi sono subito messo i wader (stivaloni alti fino al petto, per i non pescatori) perchè ero deciso ad entrare subito in acqua. In questo modo avrei sicuramente anche evitato il disturbo del solito “cacaseco” Andrei, il bimbo di 10 anni che ultimamente sta mettendo alla prova seriamente il mio sistema nervoso. In quest'ultimo periodo infatti Andrei ti si incolla letteralmente addosso. Si piazza a meno di 5-6 metri da te impedendoti di pescare tranquillamente, fa casino e parla sempre a voce troppo alta.
Andrei è li, anche stavolta, con la canna stesa sulla riva. Uffa..
Gli ricordo che lui, a 10 anni e senza licenza, deve essere accompagnato da un adulto con licenza ma lui mi risponde subito: “Non sto pescando… sto preparando la lenza con tranquillità…perché a casa mia c’è casino…”. E che gli rispondi a un tipetto così?
Mi infilo al collo la piccola bisaccina nera con le tasche dove metto alcune manciate di bigattini e lo slamatore arancione fluo. Tiro fuori la bolognese Veret da 6 metri (che ho comprato da Mauro ad un prezzo stracciato) col mulinello Mitchell Full Control 2012 con leva di combattimento e frizione posteriore. Apro la canna, innesto 2 bigattini belli vispi e, finalmente, entro in acqua. E’ freschissima e la sensazione è di puro piacere, specie con il caldo di questi giorni. La corrente non è velocissima ed ho montato un galleggiante a pera rovesciata da 2 grammi con piombatura con bulk di 4 pallini da 0.25g a monte e scalatura ad aprire verso il basso. Il filo della lenza madre è uno 0.16, sicuramente un po’ grossetto, ma mi mette al riparo da rotture facili. Il terminale, per essere sinceri, è un po’ lungo per quella corrente. E’ circa 35 cm, forse sarebbe stato meglio averlo sui 20 per evitare troppi svolazzi.
Il filo del terminale è uno 0.12 mentre la misura dell’amo non la ricordo anche se non era proprio piccolissimo. Mauro insiste che io usi una lenza madre da 0.12-0.10 e un terminale da 0.10-0.8 con ami da 20. Roba piccolissima insomma… Sicuramente sono la miglior soluzione per i cavedani, pesci ultrasospettosi, ma che richiedono una certa perizia altrimenti è facile romperli o, come si dice da queste parti, “stuccarli”. Il primo terzo del fiume non è altissimo e l’acqua mi arriva poco sotto il cavallo. Non mi fido ancora a procedere oltre perché l’acqua è ancora un po’ torbida e la corrente non è mai da sottovalutare. Per altro con la canna da 6 metri raggiungo bene il punto dove voglio piazzare la lenza senza particolari difficoltà. Lanci corti, ben calibrati, piuttosto vicini alla riva opposta dove l’acqua è più alta. Devo fare attenzione a calibrare bene le distanze perché è facilissimo impigliare l’amo nelle piante che stanno sulla riva opposta.
Ho portato con me la fionda e inizio a lanciare i bigattini a monte. 2-3-4 fiondate per iniziare.
Poi faccio la prima passata e ho la sensazione di avere poco “fondo” (distanza tra galleggiante e amo). Richiamo la lenza e correggo aumentando il “fondo” di circa 20 centimetri. Altra passata e inizio a vedere che il galleggiante traballa un pochino mentre scorre sulla corrente. E’ sintomo che la lenza sta seguendo il profilo del fondale e che quindi la correzione che ho dato è stata abbastanza buona. Ho iniziato a fare le “trattenute” ovvero a frenare la corsa del galleggiante semplicemente tenendo la lenza in tensione per poi lasciarla di nuovo andare. Questa cosa, che mi ha insegnato Mauro, serve per imprimere un movimento particolare all’esca facendola sollevare dal fondo. Questa “impennata” richiama l’attenzione dei pesci e può essere davvero una carta vincente se ben praticato.
Lanciare con la fionda mentre si sta in mezzo alla corrente e non si ha un appoggio per la canna non è proprio comodissimo e quindi ho cominciato a lanciare direttamente con la mano libera, tanto il punto che mi interessava colpire non era troppo lontano.
Manciatina di bigattini…passata…Manciatina…passata…Manciatina…passata… ABBOCCO!
Evviva! Finalmente un pesce! Mi ero dimenticato di allentare la frizione e quindi mi sono affrettato a girare il pomellino sul fondo del Mitchell. FRRRRRRRRRRRRRRR…La frizione inizia a sibilare, segno che il pesce non è proprio tanto piccino. Faccio quindi la prima esperienza con la leva di combattimento. Questa leva, presente dietro la bobina ed in corrispondenza dell’indice della mano destra, se tirata permette di chiudere la frizione bloccando l’uscita del filo dal rocchetto. E’ possibile, con un minimo di pratica, graduare il suo intervento esattamente come si fa con il freno della propria automobile. Per chi mastica poco di queste cose, proverò a dare una spiegazione semplice della sua funzionalità. Quando il pesce abbocca e noi “ferriamo”, il filo inizia ad andare in tensione. Questa tensione si scarica sul filo stesso e, ovviamente, anche sulla canna che inizia a flettersi. Quando la tensione diventa eccessiva a causa della reazione di difesa del pesce è facile che il filo si possa rompere causando quindi la perdita della preda. E’ stata quindi inventata la cosiddetta “frizione” del mulinello. Quando la frizione è completamente chiusa, il filo può essere solo recuperato girando l’apposita manovella e quindi, se il pesce tira forte, la tensione non farà che aumentare fino all’eventuale felice recupero del pesce o alla rottura della lenza se il pesce è troppo pesante o troppo forte. Se invece iniziamo ad allentare la frizione aprendola, il filo, se tirato, farà girare al contrario il rocchetto uscendo dal mulinello. La regolazione della frizione segue la forza necessaria a far uscire il filo. Più “apro” la frizione, minore sarà la forza necessaria per far uscire il filo. Ma a cosa serve? Serve per permettere alla preda di dimenarsi senza creare tensione critica al filo. Una volta ingaggiato il combattimento col pesce, starà a noi alternare l’apertura e la chiusura della frizione e coordinarla con il recupero con la manovella. In questo modo potremo far stancare il pesce senza rischiare di rompere la lenza e recuperarlo con comodo. Per altro questo sistema permette di utilizzare fili più sottili rispetto a quelli che si monterebbero se non ci fosse la frizione, proprio grazie a questo allentamento della tensione. Sorge però un problemino pratico: mancherebbe una mano! Se con una mano reggo la canna e con l’altra giro la manovella, con cosa posso allentare o serrare la frizione senza staccare la mano dalla manovella e perdere magari “l’attimo fuggente”?
Ecco che è stata introdotta la leva di combattimento. Questa leva, come ho già detto, si aziona semplicemente con l’indice della mano che tiene la canna, mentre l’altra mano è impegnata a manovrare la manovella. Prima della passata provvederemo ad aprire la frizione in modo che se qualcosa dovesse abboccare, avremo la possibilità di ferrare e di far muovere un po’ il pesce senza eccessiva tensione sul filo. Quando vorremo recuperare, tireremo la leva, che chiude la frizione, e gireremo la manovella. E’ come avere una terza mano! Fantastico!
Dopo questa digressione tecnica, torniamo al nostro pesce.
Mi diverto a fare pratica per qualche secondo con la leva perché solo in condizioni di pesca reale è possibile acquisire la giusta sensibilità. Sento che il pesce ha diminuito un po’ il mordente e quindi decido di iniziare la fase di recupero per tirarlo fuori. Tiro la leva che chiude la frizione e inizio a smanovellare. Il pesce è stanco e si fa tirare senza grosse difficoltà. Lo tiro fuori ed è un bel barbotto di circa 15 cm. Nulla di eccezionale, ma finalmente si rivede un pesce! Lo slamo e lo rilascio immediatamente con un sorriso stampato sulle mie labbra.
Riprendo in bombardamento dei bigattini e ricomincio con le passate. Dopo un paio di minuti sento un’abboccata; ferro con decisione ma il pesce mi slama. Recupero la lenza e vedo che uno dei due bigattini è stato “ciucciato” ben bene. Di solito sono i cavedani che lasciano questi segni perché sono soliti aspirare la larva, gustarsela in bocca e poi risputarla. Ecco perché questo tipo di pesce è così ricercato tra i pescatori sportivi. E’ una preda assai diffidente che se si accorge che c’è qualcosa che non va, un filo troppo spesso, un amo troppo evidente, una resistenza eccessiva data dalla piombatura, preferisce sputare l’esca e tagliare la corda.
Non mi scoraggio e vado avanti. Bigattini, passata, bigattini, passata… Altro abbocco! Evvai!
Si tratta ancora di un barbo, più piccolo del precedente ma lo accolgo con soddisfazione.
Nel frattempo arriva Aldo, il mio Maestro Locale al quale do il mio benvenuto. In questi giorni non sta quasi mai pescando per via di alcuni impegni che gli tolgono tempo libero, ma se può passa sempre per fare due chiacchiere e per salutarmi. E’ una persona davvero gentile e generosa che mi sta insegnando tantissime cose, sempre in modo cordiale e senza mai avere atteggiamenti di superiorità. Oggi mi osserva dalla riva, appoggiato sulla sua bicicletta da corsa. Rimane quasi sempre in silenzio, rompendolo solo per qualche breve commento. Ad un tratto, dopo un lancio particolarmente ben riuscito, radente alla vegetazione, Aldo mi dice: “Hai fatto veramente un lancio da fuoriclasse, complimenti… Io ti sto osservando da mezz’ora… Ti tengo d’occhio anche se non pesco!”. Lo ringrazio di cuore e gli sorrido. Il morale sale ancora e mi impegno ancora di più per non fare brutta figura e per onorare anche gli insegnamenti di Mauro, il Maestro Remoto. I lanci sono tutti perfetti. Sembrano telecomandati. Non sono lontanissimi ma sono di estrema precisione. Il gesto diventa sempre più fluido ed elegante. Le sensazioni che provo sono davvero belle.
Faccio l’ennesimo lancio che cade nel punto giusto. La trattenuta inizia e procede alla perfezione. Passo la canna da una mano all’altra per avere un controllo sempre ottimale mentre con lo sguardo seguo il movimento del galleggiante e della lenza che sta letteralmente “pennellando” il fondale. Tengo la canna in alto, lavorando molto di avambraccio, col dito indice steso lungo il fusto. La concentrazione è al massimo e tutto sembra sospeso. Ad un tratto un deciso affondo del galleggiante! Ferro immediatamente e la frizione inizia a cantare. Do un primo recupero senza azionare la leva ma è inutile. Da come tira non deve essere tanto piccolo. Per sicurezza ricontrollo il pomellino della frizione e lo allento solo di un pochino. Inizio il combattimento mentre il pesce tenta la prima fuga verso la riva opposta. Tiro un po’ la leva, molto delicatamente, e recupero un po’. Cavolo quanto tiri! Rilascio piano e la frizione riparte col suo frinio veloce. Il pesce ora inverte la direzione e si ferma quasi a metà del fiume. E’ circa a una quindicina di metri da me, più o meno in linea di corrente. Sollevo prima la canna e poi tiro la leva bloccando la frizione mentre abbasso il fusto e recupero girando velocemente la manovella. Ora tiro, sempre con la frizione chiusa, verso di me. Il pesce taglia prima in diagonale allontanadosi e poi si ributta a destra tagliando perpendicolarmente la corrente. Corre come un dannato. Si sente in trappola e gioca il tutto per tutto. Sta tentando di infilarsi nell’erba alta che probabilmente mi farà rompere la lenza. Non mi lascio fregare. Sono pronto e prima che questo razzo riesca a realizzare il suo piano lo blocco e lo recupero un po’.
Sono riuscito a fermarlo proprio sulla linea di meta. Altri 10 centimetri e molto probabilmente l’avrei perso. E’ ora di stordirlo un po’. Tiro la leva e recupero con più decisione. Riesco a portarlo a pelo d’acqua e finalmente mi rendo conto di quanto sia grandicello. Non so ancora quanti centimetri sia ma sicuramente è parecchio più grande dei pesci presi prima.
Gli metto la bocca all’aria e lui si intontisce un po’. Dopo tre secondi riparte a dimenarsi e allora allento un po’ la leva per evitare la rottura. E’ una fase delicatissima e spero di non fare stupidaggini e rovinare tutto. Appena si quieta, lo recupero e lo riporto all’aria. Si stordisce ancora di più e allora inizio la fase di recupero finale. Ora finalmente lo vedo bene. E’ un bellissimo cavedano, dalle squame e dal muso inconfondibile, lungo almeno 30-35 cm a prima vista. Lo tiro vicino a me. Oramai si è arreso. Prendo lo straccio bianco che ho infilato in una bretella e lo agguanto dopo averlo sollevato dall’acqua. Fantastico! E’ ancora più grande di quello che credevo. Sono poco meno di 40 centimetri! Lo slamo mentre un senso di eccitazione e soddisfazione mi pervade. Avrei voluto che Mauro fosse li a guardare. Gli avrei mostrato che bella preda ero riuscito a prendere anche grazie a tutti quei suoi consigli che, per troppo tempo, per pigrizia o imperizia, non avevo seguito. Mentre slamavo il pesce e Aldo si complimentava con me dicendomi che finalmente si tornava a pescare, continuavo a pensare a Mauro e alla felicità che avrei provato nel raccontargli questa avventura e nel dirgli “Caro Amico mio… Avevi ragione tu!”.

Leonardo

PS Chiedo scusa per gli errori... come al solito scrivo e non correggo mai... Ma questo l'avrete già capito :D

Nessun commento:

Posta un commento