Come ho già scritto, alcuni giorni fa ho comprato, per
sostituire l’economico mulinello della “Pescanguille”, un modello della
Shimano, l’AERNOS 2500 FA. Non voglio fare della pubblicità ma si tratta di un
prodotto che si colloca a metà tra la fascia economica e quella media con un
prezzo relativamente contenuto ed alcune caratteristiche che si rinvengono nei
modelli più costosi della casa giapponese. Come la sigla FA del modello fa
intuire, si tratta di un mulinello con frizione anteriore, ovvero controllata
con un pomello rotante situato in cima alla bobina, a differenza di quelli a
frizione posteriore che invece hanno il controllo sotto il corpo dello
strumento. Sia l’economico Trabucco che il Mitchell Full Control 2012 che
possiedo hanno la frizione posteriore. Quando ho preso lo Shimano mi sono
quindi trovato ad operare con un tipo di frizione che non avevo mai usato
prima. Per farci un po’ di pratica quindi ho deciso di non montare subito
l’AERNOS sulla Pescanguille, ma di esercitarmi un po’ utilizzando la Veret da 6
metri. L’ho imbobinato con filo da 0.12, armato con galleggiante da passata da
1 grammo con piombatura a scalare, ed ho inserito un terminale 0.10 con amo del
18. La voglia di far pratica e di sperimentare questo mulinello era davvero
tanta. Per giorni sono andato al fiume armato di tanta pazienza, nella speranza
di agganciare qualche bel pesce che, combattendo, mi desse l’occasione di fare
un po’ di prove con la frizione anteriore. Sono andato almeno 4-5 volte al
fiume, sia da solo che in compagnia di Aldo e Andrei ma i risultati sono stati
davvero deludenti. O non ho preso nulla, nonostante le decine e decine di
passate, le varie modifiche all’armatura, la pasturazione etc, o al massimo ho
preso alborelle, triotti e rosciole al massimo lunghe 10-12 cm. Questi pesci,
così piccoli, rendono praticamente inutile la frizione dato il loro scarso
vigore nel combattimento. E’ tranquillamente possibile tener chiusa la frizione
e recuperare anche velocemente senza nessun rischio di rompere la lenza. Ho
iniziato quindi a pensare che quel mulinello portasse sfiga… Mentre Aldo tirava
fuori bei cavedani, barbi e anche un bel carassio, io dovevo accontentarmi di
pescettini piccoli o addirittura di fare “cappotto” (termine gergale che indica
il non prendere neanche un pesce). Ma sono una persona paziente o, per dirla
tutta, la pesca mi sta insegnando ad averla. Prova e riprova, cambia montatura,
cambia amo, aumenta o diminuisci “l’acqua”, pesca in “trattenuta” o in deriva
libera, pastura poco ma di frequente e
BANG! Finalmente la prima preda pesante! Un bel cavedano di oltre 30
centimetri. Metto subito mano alla frizione e mi incarto immediatamente… Volevo aprirla invece la sto stringendo. Il
pesce tira forte e io, nella confusione totale, sto rischiando di far rompere
la lenza. Finalmente riesco a capire qual è il verso giusto e apro la frizione.
Il filo scorre in uscita in maniera graduale e lo stress della lenza
diminuisce. Devo dire che la gradazione della frizione di questo mulinello è
decisamente più raffinata rispetto al Trabucco. Il passo in avanti è netto, non
c’è dubbio. Rispetto al Mitchell, dove ho la leva di combattimento, lo Shimano
è sicuramente meno comodo quando si tratta di alternare recuperi forti a
momenti di rilascio del filo. Mauro, il Maestro-Remoto, mi ha detto che
tantissimi pescatori esperti lavorano con la frizione completamente chiusa o
quasi, e giocando il tutto con la leva di anti-ritorno. Questa levetta permette
al mulinello di poter girare al contrario, lasciando di fatto alla lenza la
possibilità di uscire dalla bobina. E’ una sorta di frizione-non-frizione. La
gradualità d’uscita della lenza viene regolata semplicemente tenendo una mano
sulla bobina. Quando il pesce tira, il mulinello girerà al contrario facendo
uscire filo. Noi “freneremo” questa uscita facendo attrito con la mano sulla
bobina. Al momento del recupero ci basterà afferrare il pomello e riavvolgere
il filo come sempre. E’ un metodo che per il momento non uso perché ogni volta
che ho aperto la leva di anti-ritorno ho combinato disastri. Se non si
controlla l’uscita del filo e questo rimane molto lasco, è possibile che
finisca sotto la bobina impicciandosi e creando le famose “parrucche” di filo.
Sul mio Mitchell poi, per un evidente limite nel design del mulinello, in casi
come questi molto spesso il filo sparisce sotto la bobina andando ad avvolgersi
nell’alberino interno. Per sistemare le cose bisogna togliere la bobina del
filo e smontare il portabobina con un cacciavite per raggiungere l’alberino e
liberarlo dal filo.
Morale della favola? Per ora non ci penso proprio ad usare
l’antiritorno. Avrò modo di farlo quando sarò più esperto.
Dopo il primo cavedano ne sono arrivati altri tra cui uno da
33 e uno da 35 cm, poi un combattivissimo barbo da 28 cm, che si era
letteralmente piantato sul fondale e non ne voleva sapere di risalire e che,
anche dopo slamato, continuava a contorcersi come un pazzo nelle mie mani fino
a quando non l’ho rimesso in acqua. La preda più bella però è arrivata solo un
paio di giorni fa. Ero al fiume con Aldo e Andrei. Giornata ventilata,
temperatura gradevole ma non tantissimi pesci presi. Avevo catturato un bel
cavedanotto, sui 25 cm e mi ritenevo più che soddisfatto. Aldo aveva preso
qualche cavedano, un barbo e un carassio, un pesce che ad oggi non ho ancora
avuto la fortuna di pescare, mentre Andrei aveva preso anche lui un cavedano,
ma di più modeste dimensioni. Guardo l’ora e vedo che si erano fatte le 20.00.
Penso tra me e me: “Ora faccio le ultime due passate e poi smonto tutto e vado
via…sennò Nicoletta mi trincia!”. Non finisco il pensiero che una robusta
strattonata alla lenza mi affonda il galleggiante! Ferro con archetto ancora
aperto e dito a bloccare il filo sulla bobina. Sento che la preda non è proprio
piccina da come resiste e da come trema la canna. Mi affretto quindi a
smanovellare per chiudere l’archetto e subito controllo la frizione aprendola
anche un po’.
Il pesce tira…eccome se tira! Vedo la canna flettersi
parecchio ma in modo meno violento di altre occasioni. Decido, dato che non ho
molto tempo ancora a disposizione, di essere più aggressivo nei confronti del
pesce. Gli concedo meno momenti di corsa con frizione aperta. Non la chiudo in
realtà, semplicemente blocco la bobina con la mano e tiro indietro la canna per
sfibrare il pesce. Ho iniziato a prendere confidenza con il filo sottile e
quindi provo a forzare un po’ più del solito. Alle brutte, se il pesce romperà
la lenza, avrò fatto un’esperienza in più. Blocco, tiro, allento, recupero,
blocco, tiro, sposto, recupero, blocco ancora e tiro di nuovo. Finalmente porto
il pesce a vista. Cavolo! Ma è un barbo davvero grandicello! Qualcuno prende il
guadino, non ricordo chi, e si mette in posizione per prenderlo e tirarlo a
riva. Il pesce è davvero stanco e quasi non combatte più. Lo inguadiniamo e lo
tiriamo via dall’acqua: 41 centimetri effettivi di barbo! WOW! Il pesce più
grande che io abbia mai preso nella mia brevissima carriera di mediocre
“acchiappapesci” (non mi sento ancora degno di chiamarmi pescatore). Lo slamo,
gli faccio una bella foto ricordo e resto ipnotizzato dalla sua bellezza. Ha
davvero un testone enorme e degli occhi che inquietano. Lo ammiro qualche altro
secondo e poi, con delicatezza, lo rilascio libero in acqua. Finalmente la
maledizione Aernos è sconfitta!
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