giovedì 2 agosto 2012

2 Agosto 2012 – La Maledizione giapponese è stata sconfitta!


Come ho già scritto, alcuni giorni fa ho comprato, per sostituire l’economico mulinello della “Pescanguille”, un modello della Shimano, l’AERNOS 2500 FA. Non voglio fare della pubblicità ma si tratta di un prodotto che si colloca a metà tra la fascia economica e quella media con un prezzo relativamente contenuto ed alcune caratteristiche che si rinvengono nei modelli più costosi della casa giapponese. Come la sigla FA del modello fa intuire, si tratta di un mulinello con frizione anteriore, ovvero controllata con un pomello rotante situato in cima alla bobina, a differenza di quelli a frizione posteriore che invece hanno il controllo sotto il corpo dello strumento. Sia l’economico Trabucco che il Mitchell Full Control 2012 che possiedo hanno la frizione posteriore. Quando ho preso lo Shimano mi sono quindi trovato ad operare con un tipo di frizione che non avevo mai usato prima. Per farci un po’ di pratica quindi ho deciso di non montare subito l’AERNOS sulla Pescanguille, ma di esercitarmi un po’ utilizzando la Veret da 6 metri. L’ho imbobinato con filo da 0.12, armato con galleggiante da passata da 1 grammo con piombatura a scalare, ed ho inserito un terminale 0.10 con amo del 18. La voglia di far pratica e di sperimentare questo mulinello era davvero tanta. Per giorni sono andato al fiume armato di tanta pazienza, nella speranza di agganciare qualche bel pesce che, combattendo, mi desse l’occasione di fare un po’ di prove con la frizione anteriore. Sono andato almeno 4-5 volte al fiume, sia da solo che in compagnia di Aldo e Andrei ma i risultati sono stati davvero deludenti. O non ho preso nulla, nonostante le decine e decine di passate, le varie modifiche all’armatura, la pasturazione etc, o al massimo ho preso alborelle, triotti e rosciole al massimo lunghe 10-12 cm. Questi pesci, così piccoli, rendono praticamente inutile la frizione dato il loro scarso vigore nel combattimento. E’ tranquillamente possibile tener chiusa la frizione e recuperare anche velocemente senza nessun rischio di rompere la lenza. Ho iniziato quindi a pensare che quel mulinello portasse sfiga… Mentre Aldo tirava fuori bei cavedani, barbi e anche un bel carassio, io dovevo accontentarmi di pescettini piccoli o addirittura di fare “cappotto” (termine gergale che indica il non prendere neanche un pesce). Ma sono una persona paziente o, per dirla tutta, la pesca mi sta insegnando ad averla. Prova e riprova, cambia montatura, cambia amo, aumenta o diminuisci “l’acqua”, pesca in “trattenuta” o in deriva libera,  pastura poco ma di frequente e BANG! Finalmente la prima preda pesante! Un bel cavedano di oltre 30 centimetri. Metto subito mano alla frizione e mi incarto immediatamente…  Volevo aprirla invece la sto stringendo. Il pesce tira forte e io, nella confusione totale, sto rischiando di far rompere la lenza. Finalmente riesco a capire qual è il verso giusto e apro la frizione. Il filo scorre in uscita in maniera graduale e lo stress della lenza diminuisce. Devo dire che la gradazione della frizione di questo mulinello è decisamente più raffinata rispetto al Trabucco. Il passo in avanti è netto, non c’è dubbio. Rispetto al Mitchell, dove ho la leva di combattimento, lo Shimano è sicuramente meno comodo quando si tratta di alternare recuperi forti a momenti di rilascio del filo. Mauro, il Maestro-Remoto, mi ha detto che tantissimi pescatori esperti lavorano con la frizione completamente chiusa o quasi, e giocando il tutto con la leva di anti-ritorno. Questa levetta permette al mulinello di poter girare al contrario, lasciando di fatto alla lenza la possibilità di uscire dalla bobina. E’ una sorta di frizione-non-frizione. La gradualità d’uscita della lenza viene regolata semplicemente tenendo una mano sulla bobina. Quando il pesce tira, il mulinello girerà al contrario facendo uscire filo. Noi “freneremo” questa uscita facendo attrito con la mano sulla bobina. Al momento del recupero ci basterà afferrare il pomello e riavvolgere il filo come sempre. E’ un metodo che per il momento non uso perché ogni volta che ho aperto la leva di anti-ritorno ho combinato disastri. Se non si controlla l’uscita del filo e questo rimane molto lasco, è possibile che finisca sotto la bobina impicciandosi e creando le famose “parrucche” di filo. Sul mio Mitchell poi, per un evidente limite nel design del mulinello, in casi come questi molto spesso il filo sparisce sotto la bobina andando ad avvolgersi nell’alberino interno. Per sistemare le cose bisogna togliere la bobina del filo e smontare il portabobina con un cacciavite per raggiungere l’alberino e liberarlo dal filo.
Morale della favola? Per ora non ci penso proprio ad usare l’antiritorno. Avrò modo di farlo quando sarò più esperto.
Dopo il primo cavedano ne sono arrivati altri tra cui uno da 33 e uno da 35 cm, poi un combattivissimo barbo da 28 cm, che si era letteralmente piantato sul fondale e non ne voleva sapere di risalire e che, anche dopo slamato, continuava a contorcersi come un pazzo nelle mie mani fino a quando non l’ho rimesso in acqua. La preda più bella però è arrivata solo un paio di giorni fa. Ero al fiume con Aldo e Andrei. Giornata ventilata, temperatura gradevole ma non tantissimi pesci presi. Avevo catturato un bel cavedanotto, sui 25 cm e mi ritenevo più che soddisfatto. Aldo aveva preso qualche cavedano, un barbo e un carassio, un pesce che ad oggi non ho ancora avuto la fortuna di pescare, mentre Andrei aveva preso anche lui un cavedano, ma di più modeste dimensioni. Guardo l’ora e vedo che si erano fatte le 20.00. Penso tra me e me: “Ora faccio le ultime due passate e poi smonto tutto e vado via…sennò Nicoletta mi trincia!”. Non finisco il pensiero che una robusta strattonata alla lenza mi affonda il galleggiante! Ferro con archetto ancora aperto e dito a bloccare il filo sulla bobina. Sento che la preda non è proprio piccina da come resiste e da come trema la canna. Mi affretto quindi a smanovellare per chiudere l’archetto e subito controllo la frizione aprendola anche un po’.
Il pesce tira…eccome se tira! Vedo la canna flettersi parecchio ma in modo meno violento di altre occasioni. Decido, dato che non ho molto tempo ancora a disposizione, di essere più aggressivo nei confronti del pesce. Gli concedo meno momenti di corsa con frizione aperta. Non la chiudo in realtà, semplicemente blocco la bobina con la mano e tiro indietro la canna per sfibrare il pesce. Ho iniziato a prendere confidenza con il filo sottile e quindi provo a forzare un po’ più del solito. Alle brutte, se il pesce romperà la lenza, avrò fatto un’esperienza in più. Blocco, tiro, allento, recupero, blocco, tiro, sposto, recupero, blocco ancora e tiro di nuovo. Finalmente porto il pesce a vista. Cavolo! Ma è un barbo davvero grandicello! Qualcuno prende il guadino, non ricordo chi, e si mette in posizione per prenderlo e tirarlo a riva. Il pesce è davvero stanco e quasi non combatte più. Lo inguadiniamo e lo tiriamo via dall’acqua: 41 centimetri effettivi di barbo! WOW! Il pesce più grande che io abbia mai preso nella mia brevissima carriera di mediocre “acchiappapesci” (non mi sento ancora degno di chiamarmi pescatore). Lo slamo, gli faccio una bella foto ricordo e resto ipnotizzato dalla sua bellezza. Ha davvero un testone enorme e degli occhi che inquietano. Lo ammiro qualche altro secondo e poi, con delicatezza, lo rilascio libero in acqua. Finalmente la maledizione Aernos è sconfitta!


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